IN CASO DI LICENZIAMENTO DISCIPLINARE PRIVO DI MOTIVAZIONE O MOTIVATO IN TERMINI GENERICI TROVA APPLICAZIONE LA TUTELA DI CUI AL COMMA 4° DEL NOVELLATO ART.18 L. 300/70 – ord. Trib. Roma 4.03.2014 n. 21153

rito fornero

IN CASO DI LICENZIAMENTO DISCIPLINARE PRIVO DI  MOTIVAZIONE O MOTIVATO IN TERMINI GENERICI TROVA APPLICAZIONE LA TUTELA DI CUI AL COMMA 4° DEL NOVELLATO ART.18 L. 300/70

Con ordinanza n. 21153/2014, il Tribunale di Roma, sezione lavoro, Dott.ssa Elisabetta Capaccioli, in materia di licenziamento disciplinare, ha accolto il ricorso proposto da una impiegata nei confronti della banca di cui era dipendente.

La ricorrente, deducendo la natura disciplinare del licenziamento comminato in violazione dell’art.7 Stat. Lav. senza alcuna contestazione e concessione di termine a difesa, chiedeva dichiararsi la nullità/illegittimità e inefficacia del licenziamento e con condanna della banca: in via principale alla reintegrazione ed alla corresponsione delle retribuzioni globali di fatto dal licenziamento alla reintegrazione; in via subordinata alla corresponsione di una indennità pari alla misura massima di 24 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto (ex art. 18 comma 5 L300/70); in via ulteriormente subordinata alla corresponsione di una indennità pari alla misura massima di 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto (ex art. 18 comma 6 L300/70).

Il Giudice, procedendo preventivamente ad un’accurata disamina delle diverse possibili conseguenze dell’illegittimità del licenziamento disciplinate dai commi 4, 5 e 6 dell’art.18, ha inquadrato la fattispecie in oggetto nell’ambito di operatività del comma 4, del novellato art. 18, Legge 300/70 con l’applicazione della relativa tutela.

In particolare, il Giudice ha precisato che qualora il recesso non sia stato motivato o sia stato motivato in termini generici, deve farsi rientrare nell’ipotesi di cui al comma 4, e cioè nell’ipotesi dell’ “insussistenza del fatto contestato”, in  virtù del principio generale di immodificabilità dei motivi di recesso.

Qualora il difetto di contestazione si traduca in un difetto di motivazione tale da pregiudicare l’individuazione dell’inadempimento, non più modificabile, addebitato al lavoratore, ha aggiunto il Giudice: “il vizio è tale da compromettere, oltre che le garanzie difensive del lavoratore, anche l’operazione di verifica della sussistenza del fatto-inadempimento e della sua eventuale riconducibilità a condotte punibili con sanzioni conservative secondo la normativa collettiva e disciplinare applicabile e deve, pertanto, ritenersi applicabile la tutela di cui al comma 4° del nuovo art.18”.

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