REINTEGRATI I SOCI LAVORATORI DI COOPERATIVA SE LA DELIBERA ESPULSIVA EX ART. 2533 COMMA 1 c.c. E’ NULLA E IL LICENZIAMENTO PARIMENTI VIZIATO PER MOTIVO ILLECITO DETERMINANTE – Trib. Milano 1.4.2014, ord. ex art. 700 c.p.c., est. Mambriani

postazione vuota trubunale

Sulla intrinseca duplicità del rapporto di lavoro del socio in cooperativa e sulla unicità della fonte di illegittimità della delibera espulsiva e del licenziamento.

Con provvedimento d’urgenza ex art. 700 c.p.c. il Tribunale di Milano dispone la reintegrazione immediata di lavoratori illegittimamente estromessi con delibera adottata al di fuori delle ipotesi di legge ex art. 2533 comma 1 c.c. in particolare n. 2. Il giudizio è stato correttamente incardinato presso il giudice ordinario, con atto di citazione, ai sensi  dell’art. 2533 comma 3 c.c. (opposizione alla delibera della cooperativa). Nell’ambito del giudizio ordinario de quo è stato introdotto ricorso ex art. 700 c.p.c.. In simili ipotesi, come appare dal provvedimento che si commenta, la specialità del rapporto di lavoro in cooperativa giustifica l’assorbimento delle questioni relative alla legittimità del licenziamento nel giudizio ordinario (fatto che, anche ai sensi di quanto previsto dall’art. 5 comma 2 l. 142/2001 – che limita la competenza del tribunale ordinario alle controversie relative alla prestazione mutualistica – desta non poche perplessità).

La delibera veniva emessa all’esito di un “procedimento disciplinare” in cui si contestava una condotta interruttiva del servizio reso alla cooperativa (ndr, inadempimento dell’obbligazione lavorativa) che avrebbe generato danni alla produzione e ai servizi. Il giudice accoglie le doglianze dei lavoratori, che avevano prospettato che l’espulsione derivava in realtà, per una parte di essi, da una condotta ritorsiva avverso la legittima partecipazione ad uno sciopero; per una lavoratrice non presente sul posto di lavoro poiché in congedo di maternità, derivava da una analoga condotta ritorsiva («per motivi quasi identici») per aver solidarizzato con gli scioperanti.

All’annullamento della delibera per violazione dell’art. 40 Cost. segue la nullità del licenziamento per giusta causa intimato in violazione dell’art. 4 l. 604/1966 e 15 l. 300/1970. Il giudice ricorre poi, in modo forse “sovrabbondante”, alla figura del motivo illecito ex art. 1345 c.c. per giustificare l’applicazione dell’art. 18 comma 1 l. 300/1970.

L’applicazione dell’art. 18 per i soci di cooperativa è esclusa «ogni volta che venga a cessare, col rapporto di lavoro, anche quello associativo», e quindi non può essere esclusa ogniqualvolta la delibera che abbia determinato la cessazione del rapporto societario sia illegittima o possa essere sospesa negli effetti. Il momento della cessazione del rapporto, a fronte di un illegittimo esercizio del potere deliberativo e poi del potere di recesso, consente di intravedere quella ineliminabile duplicità della posizione del socio-lavoratore che appariva messa in discussione dalla unitarietà (preminenza del rapporto associativo) professata anche dal legislatore con la riforma del 2003 (l. 30, che ha modificato l’art. 1 comma 3 l. 142/2001 eliminando le parole “e distinto” e lasciando unicamente “ulteriore”).

Ad ogni buon conto, sussistendo il fumus boni iuris nonché il periculum in  mora (per l’incremento esponenziale del danno  alla persona, alla sua vita di relazione e alla sua professionalità, con conseguente rischio di irreparabilità) la domanda cautelare viene accolta con conseguente sospensione dell’efficacia delle delibere e ordine di reintegrazione di tutti i lavoratori ricorrenti. Non viene invece accolta la domanda di corresponsione delle retribuzioni dalla data della sospensione cautelare o dei licenziamenti, ai sensi dell’art. 18 comma 2, l. 300/1970, «posto che si tratta di misura risarcitoria non anticipabile, come tale, in sede disciplinare».

Il giudice, con l’ordinanza in commento, dispone dunque la riammissione in servizio come misura specifica idonea ad evitare il pregiudizio di un danno grave e irreparabile ai soci lavoratori ricorrenti.

(Dott. Fabrizio Ferraro)

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