MANSIONI AGGIUNTIVE COMPATIBILI CON LA QUALIFICA POSSEDUTA E INSUSSISTENZA DEL DIRITTO ALLA “DOPPIA RETRIBUZIONE” – Cass. 3.6.2014, n. 12358, pres. Vidiri, rel. Napoletano

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Pubblico impiego contrattualizzato: attribuzione di mansioni aggiuntive ma compatibili con la qualifica di appartenenza.

La Corte di Cassazione si è pronunciata in ordine ai limiti di applicazione dell’art. 52 d. lgs. n. 165 del 2001, norma che riconosce al pubblico dipendente che abbia di fatto espletato mansioni superiori rispetto alla qualifica realmente posseduta il diritto alla corrispondente differenza di trattamento economico.

In particolare, il Supremo Collegio, chiamato ad esaminare il caso avente ad oggetto la richiesta di pagamento di differenze retributive avanzata da un dipendente del Ministero dei delle Infrastrutture e dei Trasporti in virtù dell’asserito svolgimento di mansioni aggiuntive ed ulteriori rispetto all’assegnazione iniziale (ma comunque compatibili con la qualifica di appartenenza), ha chiarito la portata applicativa dell’art. 52 precisando come la previsione di cui al comma 5 della norma citata si riferisca esclusivamente al caso di esercizio di funzioni per le quali la contrattazione collettiva preveda, in relazione alla quantità ed alla qualità dell’attività svolta, una retribuzione superiore rispetto a quella agganciata all’inquadramento posseduto.

La norma, nell’interpretazione fornita dagli Ermellini, presuppone “implicitamente che il trattamento economico corrisposto, proprio per la ratio cui è ispirata, non sia adeguato in quanto parametrato all’attività lavorativa corrispondente alle mansioni inferiori (ossia al profilo rivestito)”.

Sulla scorta di tali argomenti il Collegio ha ritenuto inapplicabile, in via analogica ed estensiva, l’art. 52 d. lgs. cit. alla fattispecie portata al vaglio di legittimità in quanto avente ad oggetto il diverso caso in cui l’attività “ulteriore” ed aggiuntiva svolta dal lavoratore fosse pienamente compatibile con la qualifica rivestita.

Richiamandosi infine al proprio precedente e consolidato orientamento, la Corte ha ribadito che lo svolgimento di mansioni ulteriori rispetto a quelle originariamente assegnate, comunque rispettose della propria professionalità e della qualifica rivestita, non consente al lavoratore di ottenere “un doppio salario, per la duplicità di mansioni conglobate in un’unica prestazione lavorativa, ponendosi eventualmente soltanto un problema di adeguatezza e proporzionalità della retribuzione in relazione alla qualità e quantità della prestazione lavorativa complessivamente svolta” (Cass. 21 dicembre 1998 n. 12763 e Cass. 19 marzo 2008 n. 7387).

Avv. Sergio Testa

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