LE SEZIONI UNITE SI PRONUNCIANO SUL NOVELLATO ART. 360 COMMA 5 C.P.C. – Cass. S.U. 7.4.2014 n. 8053

MAFIA:ALLARME PM,PROCESSI A RISCHIO DOPO SENTENZA CASSAZIONE

La prima giurisprudenza di legittimità sull’art. 360, n. 5 c.p.c., novellato dall’art. 54 del D.L. n. 83 del 2012 (conv. in L. n. 134 del 2012)

Con la sentenza n. 8053 del 17 aprile 2014, le Sezioni unite della Corte di cassazione, intervenute al fine di dirimere il contrasto sorto in ordine alla questione relativa all’applicazione della nuova formulazione del motivo di cui al n. 5 del 1° comma dell’art. 360 cod. proc. civ., nonché della previsione della sua radicale espunzione in caso di c.d. “doppia conforme”, anche ai ricorsi per cassazione avverso le sentenze delle commissioni tributarie, hanno avuto modo di fornire, per la prima volta, precise indicazioni interpretative del novellato art. 360, n. 5 cod. proc. civ., la cui previsione dell’impugnabilità «per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia» è stata sostituita dalla previsione di impugnabilità «per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti».
Atteso che il legislatore del 2012, al dichiarato scopo di «evitare l’abuso dei ricorsi per cassazione basati sul vizio di motivazione» e di «ridurre al minimo costituzionale il sindacato sulla motivazione in sede di giudizio di legittimità», è “ritornato”, quasi letteralmente, al testo originario della norma, a sua volta, tornerebbe ad essere pienamente attuale anche l’orientamento giurisprudenziale formatosi sul punto, il quale, com’è noto, aveva finito per ricondurre nell’alveo dei vizi motivazionali censurabili in sede di legittimità esclusivamente le ipotesi di «omissione di motivazione, motivazione apparente, manifesta e irriducibile contraddittorietà, motivazione perplessa o incomprensibile, sempre che il vizio fosse testuale».
Con la riforma del 2012, a dire della Corte, sarebbe, quindi, scomparso ogni controllo sulla sufficienza della motivazione del provvedimento impugnato, per lasciare il posto a quello relativo alla mera esistenza, «sotto il profilo dell’assoluta omissione o della mera apparenza», ed alla «coerenza», «sotto il profilo della irriducibile contraddittorietà e dell’illogicità manifesta», della stessa.
In altri termini, il vizio in parola, da vizio motivazionale, si sarebbe tramutato in vizio di «violazione di legge costituzionalmente rilevante», censurabile in sede di legittimità, purchè esso «emerga immediatamente e direttamente dal testo della sentenza impugnata», ossia sempre che il vizio si risolva in un’ipotesi di «omesso esame di un fatto storico … la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione e abbia carattere decisivo».
Non sarebbe, pertanto, possibile, per il Giudice di legittimità, prendere in considerazione fatti probatori diversi ed ulteriori rispetto a quelli posti a fondamento della decisione impugnata, così sostituendosi al giudice del merito, potendo, semmai, l’omesso esame di risultanze istruttorie integrare un’ipotesi di «omesso esame circa un fatto decisivo», ai sensi del nuovo n. 5, art. 360 cod. proc. civ., unicamente qualora il fatto storico non sia stato in alcun modo preso in considerazione dal giudice, «dovendosi tener fermo, mutatis mutandis, il rigoroso insegnamento di questa Corte secondo cui: “in sede di legittimità il controllo della motivazione in fatto si compendia nel verificare che il discorso giustificativo svolto dal giudice del merito circa la propria statuizione esibisca i requisiti strutturali minimi dell’argomentazione … senza che sia consentito alla Corte sostituire una diversa massima di esperienza a quella utilizzata … o confrontare la sentenza impugnata con le risultanze istruttorie” (Cass. n. 14953 del 2000)».
(Elena Giorgi)

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