L’ABBANDONO DEL POSTO DI LAVORO: RILEVANZA DELL’ELEMENTO PSICOLOGICO – Tribunale di Roma, Sezione Lavoro, ord., 4 febbraio 2016, giud. Capaccioli

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Il Tribunale di Roma, Sezione Lavoro, sulla falsariga dell’orientamento espresso dalla Suprema Corte di Cassazione, ha valorizzato l’elemento psicologico nella fattispecie dell’abbandono del posto di servizio ritenendo non ricorrere tale ipotesi nel caso di breve allontanamento autorizzato di una guardia giurata preposta alla vigilanza di una filiale di banca

Il Tribunale di Roma, con ordinanza del 4 febbraio 2016, ha accolto il ricorso ex art. 1 commi 47 e ss. L. n. 92/2012 proposto da una guardia giurata ed avente ad oggetto il licenziamento per giusta causa alla medesima irrogato per aver abbandonato il posto di lavoro lasciando l’agenzia bancaria alla quale era preposta senza il presidio antirapina e per aver messo a rischio l’incolumità della stessa, dei dipendenti ivi applicati e degli utenti.
La pronuncia offre un importante spunto di riflessione in ordine alla corretta interpretazione della fattispecie dell’abbandono del posto di servizio valorizzando l’elemento psicologico ai fini della configurabilità di detta ipotesi di illecito disciplinare.
Nel caso di specie, il lavoratore ricorrente aveva convenuto in giudizio il proprio datore di lavoro sostenendo la illegittimità del licenziamento intimatogli deducendo di essersi allontanato soltanto per pochi minuti dal posto di lavoro, previa autorizzazione del Direttore di filiale e solo dopo aver avuto conferma dal medesimo che non sussistevano reali esigenze di sicurezza essendo già state chiuse le casseforti con preclusione della riapertura sino alla mattina successiva e non essendo più presente pubblico in filiale.
Il Giudice adito, espletati i mezzi istruttori richiesti e accertata la fondatezza della ricostruzione dei fatti così come compiuta in ricorso, ha ritenuto la condotta tenuta dalla guardia giurata non integrante la fattispecie dell’abbandono del posto di lavoro.
Nel dettaglio, il Tribunale ha richiamato il recente assesto della Corte di Cassazione che, pronunciatasi in un caso del tutto sovrapponibile, ha riformato la pronuncia della Corte di Appello Capitolina non condividendone la valutazione puramente “oggettiva” della fattispecie dell’abbandono del posto di lavoro, valorizzando, di contro, l’elemento psicologico in quanto “l’unico significato attribuibile alla indicata fattispecie” è quello di “una condotta connotata dalla «coscienza e volontà di allontanamento dal posto di servizio» con la precisa intenzione di violare le direttive ricevute” dovendosi, pertanto, tener conto “dell’elemento psicologico e della corrispondenza, o meno, ai canoni della buona fede e correttezza – alle cautele pacificamente concordate con il responsabile dell’Istituto Bancario e, in particolare, alla autorizzazione da questi ricevuta prima di allontanarsi” (Cass. civ. Sez. Lav., 17 ottobre 2014, n. 22054).
Sulla scorta di tali considerazioni, il Tribunale di Roma ha rilevato l’insussistenza del fatto materiale posto a base del recesso stante la punibilità con una più tenue sanzione di natura conservativa secondo le previsioni del CCNL applicato al rapporto di lavoro e, per l’effetto, ha condannato il datore di lavoro alla reintegrazione del ricorrente ed al risarcimento del danno secondo i parametri di cui all’art. 18, comma 4 L. n. 300/1970.

Sergio Testa

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