IL DIRITTO DI ASSEMBLEA SPETTA A CIASCUN COMPONENTE DELLA RSU, PURCHE’ ELETTO NELLE LISTE DI UN SINDACATO DOTATO DI RAPPRESENTATIVITA’ AI SENSI DELL’ART. 19 STAT. LAV. – Cassazione sez. lav. 7 luglio 2014 n. 15437

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Le prerogative sindacali dei membri delle RSU in una prospettiva “costituzionalmente orientata”

Con la sentenza n. 15437 del 7 luglio scorso, la Suprema Corte ha avuto modo di pronunciarsi circa la natura individuale o collegiale del diritto di indire assemblee in capo a ciascun componente delle RSU,  ai sensi dell’art. 20 Stat. lav. e dell’art. 4, 1° comma dell’A.I. 1993, in virtù del quale “i componenti delle RSU subentrano ai dirigenti delle RSA nella titolarità di diritti, permessi, libertà sindacali e tutele già loro spettanti, per effetto delle disposizioni di cui al titolo terzo della legge n. 300 del 1970”.

La Corte di legittimità, in accoglimento del ricorso proposto dalla Federazione Lavoratori Metalmeccanici Uniti (FLMU) avverso la sentenza della Corte d’appello di Firenze che, a conferma della pronuncia emessa dal giudice di primo grado, aveva negato la natura antisindacale del comportamento aziendale consistente nella reiterata negazione, ad un membro della RSU, del diritto di indire assemblee, ha ritenuto che tale diritto «rientra tra le prerogative attribuite non solo alla RSU considerata collegialmente, ma anche a ciascun componente della RSU stessa, purchè questi sia stato eletto nelle liste di un sindacato che, nella azienda di riferimento, sia, di fatto, dotato di rappresentatività ai sensi dell’art. 19 …, quale risultante della sentenza dalla Corte costituzionale n. 231 del 2013».

Tale conclusione troverebbe conferma,secondo la pronuncia, da un lato, nella nuova nozione di rappresentatività sindacale, derivante dalla recente sopracitata sentenza costituzionale n. 231 del 2013, nella parte in cui ha avuto modo di affermare che «per i soggetti maggiormente rappresentativi al livello aziendale o comunque significativamente rappresentativi sì da non potersene giustificare la stessa esclusione dalle trattative, al criterio della sottoscrizione dell’accordo applicato in azienda … non può essere attribuito rilievo condizionante al fine di escluderne la fruizione delle prerogative di cui alla legge n. 300 del 1970»; dall’altro, in quell’indirizzo della giurisprudenza di legittimità, secondo il quale le RSU, rispondendo ad un diverso criterio di rappresentatività sindacale in azienda, non solo «sono pienamente legittime anche se deviano dal criterio di rappresentatività … fondato sulla sottoscrizione di un contratto collettivo applicabile nell’unità produttiva», ma costituiscono, altresì, «organismi del tutto autonomi», nei confronti dei quali «il datore di lavoro non può esercitare alcun potere di ingerenza e controllo».

Alla luce delle suesposte considerazioni, e, soprattutto, della diversità del criterio di rappresentatività rispettivamente previsto per i due modelli di rappresentanza sindacale in azienda citati, dovrebbe, quindi, ritenersi che, diversamente da quanto ritenuto dalla pronuncia di merito cassata, l’autonomia contrattuale collettiva ben può assegnare ad organismi di rappresentatività sindacale diversi rispetto a quelli previsti dall’art. 19 Stat. Lav., prerogative sindacali «non necessariamente identiche a quelle delle RSA, con il limite, previsto dall’art. 17 legge n. 300 del 1970 cit., del divieto di riconoscere ad un sindacato un’ingiustificata posizione differenziata».

Inoltre, l’assenza di una qualunque clausola che preveda il funzionamento collegiale della RSU, come anche la lettura combinata dell’art. 4 e dell’art. 5 dell’A.I. del 1993, il quale prevede che alle RSA ed ai loro dirigenti subentrino le RSU nella titolarità dei poteri e nell’esercizio delle funzioni, porterebbero necessariamente alla conclusione secondo la quale alle RSU sono state pattiziamente riconosciute le prerogative delle RSA tutte, «cioè sia quelle riferibili alla singola RSA, sia quelle attribuite ai suoi dirigenti; e tra queste … anche il diritto di indire l’assemblea sindacale», tanto “singolarmente”, quanto “congiuntamente”.

A cura di Elena Giorgi

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