FUSIONE PER INCORPORAZIONE: LICENZIAMENTO NULLO ANCHE SE INTIMATO PRIMA DEL MUTAMENTO DELLA TITOLARITA’ – Tribunale di Lucca, 10 maggio 2017 n. 267, Est. Messina

Golden scales of justice, gavel and books on brown background

Considerate le ristrette tempistiche della vicenda (licenziamento intimato il 19.12.2014 e fusione per incorporazione del 13.01.2015) e le molteplici risultanze documentali attestanti non solo la pregressa gestione promiscua tra le due imprese, ma soprattutto l’avvio della complessa operazione di fusione già nell’aprile del 2014, il licenziamento non può che essere ritenuto nullo per inosservanza delle prescrizioni di cui all’art. 2112 c.c., non essendoci stata alcuna cessazione di attività, ma essendo la stessa proseguita sotto la gestione dell’incorporante.

Licenziamento – trasferimento di azienda – fusione per incorporazione – nullità – tutela reale – Art. 2112 c.c. – art. 18 L. n. 300/1970

La sentenza del Tribunale di Lucca, nel confermare quanto già disposto dall’ordinanza conclusiva della fase sommaria resa dal medesimo Tribunale il 2.3.2016, ribadisce la nullità del licenziamento intimato al lavoratore per violazione di norma imperativa ex art. 2112 c.c.

La questione prende le mosse dal licenziamento intimato al lavoratore S.D. per asserita cessazione dell’attività, circostanza mai verificatasi essendo stata in realtà, la originaria società datrice di lavoro, incorporata per fusione da altra società ed avendo proseguito la propria attività anche dopo l’avvenuta fusione, circostanza peraltro mai smentita dalla società nelle due fasi del processo.

Il percorso argomentativo seguito dal Tribunale riafferma ineccepibilmente quanto sostenuto da autorevole dottrina e giurisprudenza ritenendo che, per quanto sia vero che il datore di lavoro durante il trasferimento di azienda conservi il potere di licenziare il lavoratore, tale licenziamento dovrà però essere motivato da scelte che esulino dal trasferimento medesimo “il trasferimento d’azienda non costituisce di per sé motivo di licenziamento”.

Nel caso di cui trattasi l’originaria datrice di lavoro è stata incorporata per fusione da altra società ed il Tribunale ha ritenuto che tale fusione debba in realtà essere considerata alla stregua di un trasferimento di azienda, non potendosi pertanto eludere la disciplina dettata dall’art. 2112 c.c. il quale espressamente prevede l’ipotesi del mutamento della titolarità di un’attività economica organizzata a seguito di cessione contrattuale o fusione.

La sentenza in commento ha ritenuto che l’unico motivo addotto al licenziamento, e cioè l’asserita ma mai verificatasi cessazione di attività, non sia idoneo a giustificare l’interruzione del rapporto di lavoro rendendo in realtà palese la vera intenzione della società: eludere la disciplina dettata dall’art. 2112 c.c. in base alla quale in caso di trasferimento d’azienda il rapporto di lavoro continua con il cessionario ed il lavoratore conserva tutti i diritti che ne derivano.

Ad ulteriore conferma della volontà elusiva, la società incorporata, durante il lungo percorso di perfezionamento della fusione, durato svariati mesi, ha chiesto ai lavoratori, quale condizione per essere riassunti ex novo dalla società cessionaria-incorporante, di sottoscrivere un verbale di conciliazione affinché si dimettessero e rinunciassero a tutti i diritti connessi a tale rapporto di lavoro (sul punto Cass. Civ. 12 maggio 1993, n. 5402 “è da considerarsi nulla – per illiceità della causa – la fattispecie negoziale costituita da un licenziamento accompagnato dalla promessa di riassunzione da parte della società acquirente, in cambio della rinuncia a tutte le pretese nei confronti della cedente; il rapporto di lavoro infatti – nell’ipotesi di trasferimento d’azienda – è sorretto dalla regola dell’infrazionabilità posta a tutela dell’anzianità di lavoro, degli scatti di anzianità e della durata del periodo di preavviso e di comporto: un’eventuale riassunzione ex novo sarebbe, per tanto, da considerarsi invalida proprio in ragione di tale principio”).

Profilo di particolare interesse riveste la circostanza che il licenziamento del lavoratore sia stato intimato in epoca antecedente alla vera e propria formalizzazione della fusione.

Le risultanze istruttorie e la copiosa documentazione prodotta in entrambe le fasi del giudizio hanno dato prova della complessa operazione messa in atto dalle due società (incorporata – incorporante), e sebbene, ufficialmente, la fusione per incorporazione sia avvenuta successivamente al licenziamento, il giudice, dall’esame complessivo delle circostanze di fatto ha rilevato l’assoluta insussistenza del motivo addotto al licenziamento medesimo. Non vi è stata alcuna cessazione di attività, anzi la stessa è proseguita sotto la gestione dell’incorporante continuando entrambe a perseguire il loro scopo sociale.

Proprio dall’insussistenza delle ragioni giustificatrici del licenziamento, il Tribunale, sulla scorta di quanto affermato dalla maggioritaria giurisprudenza di legittimità, ha potuto ritenere che in realtà vi sia stata una evidente correlazione tra il licenziamento ed il trasferimento/fusione e pertanto, “l’effetto estintivo del licenziamento illegittimo intimato in epoca anteriore al trasferimento medesimo, in quanto meramente precario e destinato ad essere travolto dalla sentenza di annullamento, comporta che il rapporto di lavoro ripristinato tra le parti originarie si trasferisce, ai sensi dell’art. 2112 c.c., in capo al cessionario” (ex plurimis Cass. Civ., Sez. lavoro, 1 aprile 2016, n. 6387; Cass. civ. Sez. lavoro, 16 dicembre 2014, n. 26401; Cass. civ. Sez. lavoro, 21 febbraio 2014, n. 4130).

Configurandosi un’ipotesi di nullità per violazione di norma imperativa ex art. 2112 c.c. non è stata necessaria alcuna verifica sul requisito dimensionale dell’azienda: conseguenza di tale licenziamento illegittimo è, infatti, la tutela reintegratoria forte ex art. 18, comma 1, L. n. 300 del 1970.

Dott.ssa Grazia Maggi

Related News

Leave a reply