RIMESSA ALLA CORTE COSTITUZIONALE LA QUESTIONE DI LEGITTIMITA’ IN MATERIA DI OPPOSIZIONE NEL RITO FORNERO – Trib. Milano 27.1.2014

martello

Il Tribunale di Milano rimette alla Corte costituzionale la questione di legittimità in tema di identità tra giudice della fase sommaria e giudice della fase di opposizione

Il Tribunale di Milano ha dichiarato rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale di quella disposizione del nuovo rito in materia di impugnazione dei licenziamenti (art. 1, comma 51, legge 28 giugno 2012, n. 92) che, nel disciplinare il giudizio avanti al Tribunale avente ad oggetto l’opposizione all’ordinanza conclusiva della fase sommaria, non prevede espressamente che il giudice (persona fisica) delle due fasi debba essere diverso. A dire del Tribunale remittente, infatti, all’interprete non sarebbe consentito ritenere applicabile alla fattispecie l’obbligo del giudice che abbia «conosciuto» la causa «in altro grado» di astenersi dal giudizio, ai sensi dell’art. 51, 1° comma, n. 4 c.p.c., introducendo tale disposizione un principio di stretta interpretazione, non estensibile al “rito Fornero”, la cui disciplina prevederebbe un unico procedimento di merito, avente natura bifasica, ossia scandito in due fasi, la prima delle quali si concluderebbe con un mero «provvedimento interinale a contenuto decisorio, cedevole nel corso del giudizio di merito», e per il quale, quindi, sarebbe «notoriamente escluso che possa trovare applicazione l’obbligo dell’astensione».
Nemmeno sarebbe consentita un’interpretazione costituzionalmente orientata della disposizione in parola, con estensione alla stessa dei principi affermati dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 387 del 1999, dovendosi escludere ogni affinità tra il procedimento del “rito Fornero” e quello di cui all’art. 28 Stat. Lav., nonché in quanto il rito in esame nascerebbe «ab origine come affidato al medesimo giudice per una scelta precisa del legislatore».
Nonostante miri a costituire un procedimento unitario – benché scandito da due fasi; una sommaria, l’altra a cognizione piena – e non istituisca, quindi, in senso tecnico, un “grado” di giudizio, tuttavia, la particolare struttura procedimentale introdotta dalla legge n. 92 del 2012 farebbe sì che la seconda delle fasi possa assumere valore impugnatorio, con contenuto sostanziale di revisio prioris instantiae; di qui, la remissione alla Consulta della questione di costituzionalità degli artt. 1, comma 51, L. 92/2012 e 51, 1° comma, n. 4 c.p.c., per contrasto, da un lato, con l’art. 3, 1° comma Cost., per l’irragionevolezza del diverso trattamento riservato dal legislatore all’ipotesi del reclamo avverso i provvedimenti cautelari ex art. 669 terdecies c.p.c. e, dall’altro, con gli artt. 24 e 111 Cost., «per la lesione del diritto alla tutela giurisdizionale, sotto il profilo dell’esclusione dell’imparzialità del giudice».

(Dott.ssa Elena Giorgi)

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