TRASFERIMENTO D’AZIENDA EX ART. 2112 C.C. E DECADENZA EX ART. 32, L. N. 183/2010 – Corte di Appello di Roma, 24 aprile 2018 – Pres. Rel. Dott.ssa Garzia – S.r.l. M.M. C.-M.M. Coop. (Avv. Siro Centofanti) c. R.P. et. al. (Avv. Fabrizio Mariosa)

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In ipotesi di trasferimento d’azienda di cui all’art. 2112 c.c., qualora il lavoratore lamenti il mancato passaggio alle dipendenze dell’impresa cessionaria, non trova applicazione il termine decadenziale di sessanta giorni di cui all’art. 32, L. n. 183/2010, giacché, in tal caso, difetta la conoscenza legale dell’atto da impugnare e, quindi, il dies a quo dal quale computare con certezza la decorrenza del suddetto termine decadenziale.

Con ricorso ex art. 414 c.p.c., un gruppo di lavoratori adiva il Tribunale di Rieti affinché questo: a. accertasse la sussistenza di un trasferimento d’azienda ex art. 2112 tra il proprio precedente datore di lavoro in qualità di azienda cedente, e la società subentrata nell’esercizio della medesima attività d’impresa, in qualità di cessionaria; b. dichiarasse l’illegittimità del licenziamento intimato loro per giustificato motivo oggettivo dalla società cedente; c. con conseguente condanna dell’azienda cessionaria all’immediato ripristino del rapporto di lavoro con efficacia ex tunc, nonché al pagamento delle retribuzioni maturate medio termine.

Il Tribunale di Rieti, nel disattendere l’eccezione di decadenza sollevata dall’azienda cessionaria ai sensi dell’art. 32, L. n. 183/2010, accoglieva il ricorso proposto dai lavoratori.

Avverso detta sentenza ha proposto appello l’azienda soccombente, reiterando l’eccezione sollevata in via preliminare ai sensi all’art. 32, L. n. 183/2010 giacché, secondo la propria prospettazione, al momento dell’impugnativa del licenziamento, erano trascorsi più di sessanta giorni da quest’ultimo.

Sul tema, con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Roma osserva che la norma citata, nell’introdurre un duplice regime decadenziale per l’impugnativa degli atti ivi elencati, trova applicazione, rispettivamente ai sensi delle lett. c) e d) del 4° comma del medesimo articolo, in ipotesi di “cessione di contratto di lavoro avvenuta ai sensi dell’articolo 2112 del codice civile con termine decorrente dalla data del trasferimento”, nonché in ogni altro caso in cui si chieda la costituzione o l’accertamento di un rapporto di lavoro in capo a un soggetto diverso dal titolare del contratto.

Quanto alla decorrenza del suddetto termine decadenziale, il Collegio rileva come, in concreto, possano determinarsi due diverse situazioni, speculari fra loro e, in particolare:

  1. quella in cui il lavoratore dipendente dell’azienda cedente lamenti il mancato passaggio presso l’azienda subentrante;
  2. e l’ipotesi inversa, in cui il lavoratore contesti la legittimità del trasferimento d’azienda ai sensi dell’art. 2112 c.c. e il proprio conseguente passaggio alle dipendenze dell’azienda cessionaria.

Tanto premesso, rileva la Corte che, se nell’ipotesi sub b) è fuor dubbio l’operatività della decadenza di cui all’art. 32, L. n. 183/2010, al contrario, deve escludersi la sussumibilità dell’ipotesi sub a) nell’alveo applicativo della suddetta norma.

A tal fine soccorrono una pluralità di ragioni, giacché: in primis, l’art. 32, L. n. 183/2010 menziona esclusivamente la cessione del contratto di lavoro intervenuta ex art. 2112 c.c. e non già la cessione d’azienda, fattispecie, quest’ultima, che non contempla una comunicazione dell’avvenuto trasferimento e, dunque, non consente di individuare un dies a quo dal quale far decorrere, con certezza, il termine decadenziale previsto dalla norma. In tal senso, il collegio afferma che, ragionando altrimenti, verrebbero vanificate ab origine le istanze di tutela del lavoratore in ipotesi di trasferimento d’azienda, giacché sarebbe oltremodo iniquo richiedergli il rispetto del termine decadenziale di sessanta giorni giorni per l’impugnativa di un atto del quale lo stesso non ha (e non potrebbe avere) alcuna giuridica contezza.

Secondariamente, la Corte precisa che, a norma dei principi generali, l’art. 32, L. n. 182/2010 è norma di stretta interpretazione poiché, avendo introdotto un duplice termine decadenziale, si traduce in una limitazione del diritto di azione del lavoratore che, in quanto tale, deve sottoporsi ad un’interpretazione rigorosa, non essendo ammissibile l’applicazione analogica o, comunque, l’estensione della stessa a fattispecie non espressamente contemplate.

In tal senso si era già espressa la S.C. che, con sentenza del 25 maggio 2017, n. 13179 (in Foro it., Rep. 2017, voce Lavoro (rapporto), n. 590), ha applicato il medesimo principio accolto dalla Corte di Appello capitolina; in particolare, la Corte di cassazione ha escluso che il termine decadenziale di cui all’art. 32, L. n. 183/2010 trovi applicazione nell’ipotesi in cui il lavoratore nel domandare la costituzione, ex novo, del proprio rapporto lavorativo con il nuovo appaltatore, giacché, in tal caso, “non rivendica un rapporto di lavoro in capo ad un soggetto diverso dal “titolare del rapporto”, come recita la norma oggetto di esame, perché il lavoratore non pone in discussione la legittimità o la validità del precedente rapporto né la validità della sua cessazione o della sua modificazione” (in senso conforme, cfr., Trib. Roma, sez. Lav., 24 maggio 2016 – Est. Pagliarini, in Lav. giur., 11, 2016, 1000).

*Avv. Michelangelo Salvagni

* Di prossima pubblicazione su “Lavoro e Previdenza Oggi” (www.lpo.it)

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