SULLA PROVA DELLA QUALIFICA DI COLTIVATORE DIRETTO IN CAPO AL CURATORE DELL’ AZIENDA AGRICOLA DELLO SCOMPARSO – Tribunale di Lamezia Terme, sezione Lavoro, sentenza del 24.1.2020, n. 59, est. Lobello
La conservazione dell’azienda agricola dello scomparso, ai sensi dell’art 48 c.c., può implicare la gestione di attività economiche complesse e protrarsi per un tempo indefinito, se i soggetti legittimati non propongano istanza per la dichiarazione della morte presunta.
Tale circostanza non può legittimare la conclusione che il curatore abbia mutato la sua qualità e gestito l’azienda nel proprio interesse piuttosto che nell’interesse dello scomparso e dei suoi eredi.
È infatti “coltivatore diretto” solo il soggetto che risulti titolare dei requisiti di cui all’ art. 2 della L. n. 1047 del 1957 e all’art. 2 della L. n. 9 del 1963.
L’onere di provare la sussistenza dei suddetti requisiti incombe sull’Istituto Previdenziale, il quale può avvalersi del verbale dell’ispezione, che, pur non facendo piena prova fino a querela di falso, è attendibile fino a prova contraria quando esprime gli elementi da cui trae origine.
Ai sensi dell’art. 2697 c.c., infatti, l’onere di provare i fatti costitutivi del diritto grava sempre su colui che si afferma titolare del diritto stesso ed intende farlo valere, ancorché sia convenuto in un giudizio di accertamento negativo.
*Dott. Sabato Rozza
** Di prossima pubblicazione su “Lavoro e previdenza oggi” (www.lpo.it)