SOMMINISTRAZIONE DI LAVORO A TEMPO DETERMINATO ANTE D.L. 20/03/2014, N. 34: “LE PUNTE DI INTENSA ATTIVITA’ NON FRONTEGGIABILI CON IL RICORSO AL NORMALE ORGANICO”, PER ASSOLVERE ALL’ONERE DI SPECIFICAZIONE DELLE CAUSALI, DEVONO CONTENERE ELEMENTI IDONEI A VALUTARNE ANCHE L’EFFETTIVITA’, INTESA QUALE SUSSISTENZA DEL NESSO CAUSALE TRA LA RAGIONE DICHIARATA NEL CONTRATTO E L’ATTIVITA’ IN CONCRETO ESPLETATA – Corte di Appello di Roma, Sezione Lavoro, 9 gennaio 2015, Corte di Appello di Roma, Sezione Lavoro, 29 gennaio 2015, Corte di Appello di Roma, Sezione Lavoro, 17 febbraio 2015

corte_appello_roma

La Corte di Appello di Roma, con tre distinte sentenze rese nei confronti della medesima Società ha, in due casi, e cioè nelle pronunce rese, rispettivamente, il 9 gennaio 2015 e il 29 gennaio 2015, rigettato il gravame proposto dall’azienda, confermando in buona sostanza le pronunce del Tribunale di Roma, mentre nell’altra, del 17 febbraio 2015, ha accolto l’appello che era stato proposto dal lavoratore soccombente in I grado, pervenendo, in tutte, allo stesso risultato di dichiarare l’illegittimità degli innumerevoli contratti di somministrazione di lavoro a tempo determinato, che erano intercorsi tra le parti, nel periodo dal 2005 e al 2008, con la conseguente costituzione di un unico rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, con ciascuno degli istanti, far data dalla prima missione.
In particolare, i ricorrenti avevano adito il Tribunale di Roma, con tre distinti ricorsi, per impugnare i contratti di somministrazione a termine, alcuni anche della durata di un solo giorno, che erano intercorsi tra loro e una nota multinazionale, nell’arco di un triennio, adducendo, tra le varie eccezioni sollevate, che le causali addotte e indicate nei contratti, ai sensi degli artt. 20, co. 4 e 21, co. 1, lett c), D.lgs. n. 276/03, sarebbero state generiche e comunque pretestuose.
Il Tribunale di Roma, in persona di tre diversi giudici, nei primi due casi ha accolto la domanda, condannando la Società convenuta al risarcimento del danno, in misura pari alle retribuzioni maturate dalla messa in mora fino all’effettivo ripristino del rapporto, in aggiunta, anche all’indennità di cui all’art. 32, co. 5. L. n. 183/10, mentre, nell’altro, ha rigettato il ricorso.
La Corte di Appello, investita delle questioni con tre differenti Collegi giudicanti, ha ritenuto che, sebbene le causali addotte consistessero “in punte di intensa attività non fronteggiabili mediante il ricorso all’ordinario organico”, e dunque fossero da ritenersi sufficientemente circostanziate, almeno funzionalmente alla sola somministrazione a termine, secondo l’oramai prevalente orientamento giurisprudenza di legittimità, cui la Corte territoriale afferma di aderire (v. per tutte: Cass. n. 21001/2014); ciò non di meno le stesse sono state considerate comunque illegittime, con limitazione, però, del risarcimento del danno alla sola indennità risarcitoria di cui al co. 5, dell’art. 32, L . n. 183/10, in base all’interpretazione autentica, fornita dall’art. 1, co. 13, L. n. 92/12.
Secondo la Corte di Appello di Roma, infatti, non è sufficiente indicare una causale formalmente specifica ma è, altresì, onere dell’utilizzatore dimostrarne anche l’effettiva ricorrenza, mediante l’allegazione del nesso causale tra la predetta ragione e l’attività in concreto svolta dal lavoratore somministrato, anche rispetto al contesto organizzativo e produttivo ove si inserisce.
Di tal che, se, come nella specie, l’intensificazione dell’attività fosse stata davvero determinata dal lancio di alcuni prodotti, tanto da richiedersi un impegno aggiuntivo del personale maggiormente qualificato, come era stato dedotto dalla Società convenuta, tale esigenza che sarebbe dovuta permanere per tutta la durata del lancio e/o della commercializzazione del singolo prodotto, non avrebbe potuto giustificare l’utilizzo di personale somministrato per un solo giorno, come era avvenuto, e, per giunta, in mansioni meramente esecutive e di movimentazione merci, tipiche degli operai.
Si tratta dell’annosa questione della formulazione e allegazione delle ragioni tecniche organizzative, produttive e sostitutive, introdotte dall’art. 1, D.lgs. n. 368/01, in tema di disciplina del contratto a tempo determinato, richiamate dagli artt. 20, co. 4 e 21, co. 1, lett. c), D.lgs. n. 276/03, in tema di somministrazione a tempo determinato, e ormai risolta con la loro definitiva abrogazione ad opera del D.L. n. 34/14, convertito nella legge,16 maggio 2014, n. 78.
Il nutrito contenzioso che ne è scaturito a livello nazionale è, però, tuttora pendente, riguardando e/o potendo ancora interessare tutti i contratti a temine e di somministrazione a tempo determinato, conclusi prima del 21 marzo 2014.

In ogni caso, stando alla giurisprudenza dominante, si può ormai affermare che, le punte di intensificazione dell’attività, costituiscono una ragione giustificativa specifica, nel contratto di somministrazione a tempo determinato – ove si richiede un grado di determinazione minore rispetto al contratto a tempo determinato – ma non sufficiente ove non accompagnata dalla dimostrazione, da parte dell’utilizzatore, della sua effettiva sussistenza.
Avv. Enrico Maria Terenzio

Related News

Leave a reply