RIPARTIZIONE PENSIONE DI REVERSIBILITÀ: BILANCIAMENTO TRA VINCOLO CONIUGALE E CONVIVENZA MORE UXORIO – Tribunale di Roma, 3 agosto 2016, Sezione Civile, est. Galterio

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Nell’ipotesi di più coniugi del de cuius, la ripartizione del trattamento di reversibilità non può ridursi a un mero calcolo matematico i cui addendi siano costituiti dalla durata dei rispettivi matrimoni delle parti, ma può ben estendersi anche alla convivenza prematrimoniale.

Pensioni di reversibilità – molteplicità di coniugi – ripartizione quote – criteri di valutazione ex art. 5 L. 898/1970 – convivenza more uxorio – rilevanza

La ricorrente ha dedotto, con ricorso presentato avanti alla I Sez. Civile (vol. giur.) del Tribunale di Roma, l’esistenza di un precedente vincolo coniugale con il defunto ex marito che, successivamente, aveva contratto un nuovo matrimonio. La stessa, di conseguenza, ha chiesto di determinare la quota della pensione di reversibilità spettante nella misura ritenuta di giustizia e, comunque, prevalente rispetto alla seconda moglie del defunto, in ragione del precedente matrimonio, ordinandone all’Ente erogante la corresponsione diretta in proprio favore, oltre alla restituzione della quota parte a decorrere dalla maturazione del diritto. La convenuta, seconda moglie del de cuius, ha, dunque, replicato chiedendo al Giudice di ripartire il trattamento in parola tenendo conto, oltre che della durata legale dei due matrimoni, anche del periodo di convivenza more uxorio precedente.

La fattispecie è, dunque, di particolare rilevanza perché si inserisce nella tematica annosa del giusto contemperamento, nell’attribuzione del trattamento previdenziale – assistenziale della pensione di reversibilità (che svolge una funzione solidaristica nei confronti degli interessati, consentendo sia la conservazione di un diritto patrimoniale collegato al periodo in cui sussisteva il rapporto coniugale, sia la prosecuzione del sostentamento garantito) tra il vincolo coniugale e quelle convivenza che si traduca in una comunanza di vita e di affetti e in una vicendevole assistenza morale e materiale, cioè di una relazione avente le stesse caratteristiche di quelle dal Legislatore ritenute proprie del vincolo coniugale.

Il recente pronunciamento del Giudice romano ha chiarito i limiti reciproci tra le due forme di unione ai fini della ripartizione del trattamento in parola.

Nel merito, secondo il Foro di Roma, dalla lettura congiunta dell’art. 5, c. 6, L. 898/1970 e dello storico pronunciamento della Corte Cost. n. 419/1999 emerge la necessità di far riferimento non solo al rapporto formale, ma anche alla convivenza prematrimoniale, la fine di riferire il criterio temporale all’effettiva comunione di vita del de cuius con le due mogli, stante la sostanziale parificazione – ormai consolidatasi in giurisprudenza – che assimila la convivenza more uxorio, come in precedenza delineata, al rapporto matrimoniale.

La conclusione raggiunta dal Giudice, pertanto, è che, nel caso di specie, deve ritenersi possibile discostarsi da un rigido criterio basato esclusivamente sulla durata del matrimonio legale e ciò anche in riferimento al periodo successivo alla separazione e fino alla sentenza di divorzio, allorché sia notevole lo scarto tra matrimonio e convivenza effettiva e a tale scarto corrisponda una concomitante convivenza more uxorio della “nuova” coppia.

Marco Isceri

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