NON COSTITUISCE COMPORTAMENTO ANTISINDACALE IL RIFIUTO DELLA RICHIESTA DI CONVOCAZIONE DI ASSEMBLEA RETRIBUITA PER ESAURIMENTO DEL LIMITE ANNUO DI DIECI ORE EX ART. 20 L. N. 300/1970 IN QUANTO LIMITE DA RIFERIRE ALLA GENERALITÀ DEI LAVORATORI DELL’UNITÀ PRODUTTIVA E NON AI SINGOLI LAVORATORI O ALLE SINGOLE ORGANIZZAZIONI SINDACALI – Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, 10 febbraio 2015, n. 2548

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La Corte di Cassazione, con sentenza 10 febbraio 2015, n. 2548 ha accolto il ricorso proposto da una Società avverso la pronuncia con la quale la Corte di Appello di Napoli aveva dichiarato antisindacale il comportamento aziendale consistito nell’aver respinto la richiesta di assemblea della sigla sindacale per esaurimento di tre ore spettanti alle OO.SS. in base ad accordo interconfederale sottoscritto il 20 dicembre 1993 ed in virtù del quale si sarebbe dovuto invece riconoscere a ciascuna organizzazione il potere di chiedere un numero di ore fino al limite previsto.
Il Giudice di Legittimità ha motivato la propria decisione chiarendo preliminarmente doversi escludere che l’Accordo interconfederale del 20 dicembre 1993 (che riservava sette ore annuali di assemblea retribuita alle RSU e le ulteriori tre ore ai sindacati stipulanti il CCNL applicato alla unità produttiva) abbia attribuito il monte ore complessivo a ciascuna organizzazione sindacale, posto che tale interpretazione è stata successivamente risolta da una giurisprudenza consolidata della stessa Corte che, già con una prima sentenza (Cass. n. 16596/2009) aveva affermato il principio a tenor del quale “in tema di diritto dei lavoratori a riunirsi in assemblea durante l’orario di lavoro, il limite temporale di dieci ore annue retribuite, previsto dalla L. n. 300 del 1970, art.20, comma 1, con salvezza delle migliori condizioni previste dalla contrattazione collettiva, va riferito alla generalità dei lavoratori dell’unità produttiva e non ai singoli lavoratori e nella suddivisione del monte ore tra organizzazioni e rappresentanze sindacali trova applicazione il criterio della prevenzione nelle convocazioni”.
Il predetto criterio di prevenzione – a giudizio del Supremo Collegio – trova testuale conferma nel comma 2 dell’art. 20 L. n. 300/1970 in base al quale le riunioni comunicate al datore di lavoro sono indette singolarmente o congiuntamente dalle rappresentanze sindacali secondo l’ordine di precedenza delle convocazioni di talché l’inconveniente segnalato dalla stessa Azienda ricorrente (la più sollecita della RSA nelle convocazioni sottrae il tempo alle altre rappresentanze) deve necessariamente essere risolto soltanto attraverso accordi intersindacali o mediante una ripartizione concordata.
Lo stesso art. 20 comma 2 cit. fornisce inoltre la corretta chiave di lettura del comma 1 laddove afferma che le riunioni debbono riguardare la generalità dei lavoratori o gruppi di essi, con la conseguenza che il monte ore va riferito al gruppo di lavoratori che sono stati convocati, a prescindere dal fatto che il singolo lavoratore partecipi o meno all’assemblea in questione.
Né l’Accordo interconfederale del 20 dicembre 1993 (che riservava 7 delle 10 ore annue retribuite alle rappresentanze sindacali unitarie e le 3 ore ulteriori ai sindacati stipulanti il CCNL) pur riferendo il diritto di assemblea retribuita a ciascun lavoratore sarebbe stato, peraltro (e in ogni caso), utile a chiarire se tale diritto venisse consumato con l’effettiva partecipazione o con la mera possibilità di partecipazione.
Anzi, una diversa interpretazione, diretta a riconoscere il monte di 3 ore annue ad ogni organizzazione sindacale stipulante il CCNL sarebbe stata in conflitto, a parere della Corte, con lo stesso testo dell’Accordo (che prevedeva il diritto ad indire, singolarmente o congiuntamente, l’assemblea dei lavoratori durante l’orario di lavoro per 3 delle 10 ore annue retribuite) ed avrebbe comportato, per l’effetto, con il riconoscimento di un numero di 3 ore per ciascuna organizzazione, la moltiplicazione del monte ore complessivo (pari a 3) per il numero delle organizzazioni stipulanti.
I Giudici di legittimità hanno quindi osservato che un’interpretazione conforme alla giurisprudenza della Corte, consolidata tuttavia solo in un periodo successivo al deposito della sentenza impugnata, è stata disattesa dalla Corte di Appello di Napoli che ha invece ritenuto doversi attribuire a ciascuna organizzazione il potere di chiedere un numero di ore sino al raggiungimento del monte ore previsto e ciò al fine di assicurare ad ogni sindacato uno strumento per verificare ai sensi dell’art. 20 L. n. 300/1970 il consenso alla politica intrapresa in azienda.
Sussisteva invece l’interesse alla decisione di merito in ordine al dedotto comportamento antisindacale.
Il Supremo Collegio, nei motivi della decisione in esame, avallando in toto l’indirizzo della Corte già espresso in passato lo ha richiamato anche nella parte in cui si sostiene che la disciplina limitativa e procedimentale fissata dalla L. n.300/1970 non contrasta con i principi costituzionali di uguaglianza, ragionevolezza, tutela sindacale e tutela dei lavoratori, non avendo questa ad oggetto il diritto di assemblea in sé ma quello di assemblea retribuita da giustapporre ai principi di della tutela della proprietà e del diritto di impresa.

Sergio Testa

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