LICENZIAMENTO PER GIUSTA CAUSA E DIFFAMAZIONE ATTRAVERSO BACHECA FACEBOOK DEL LAVORATORE – Corte di Cassazione, Sez. Lavoro, n. 10280 del 27 aprile 2018 – Est. Arienzo

Cassazione

Nella considerazione della condotta sanzionata con il licenziamento  per giusta causa (art. 2119 c.c.), si tiene conto della gravità del comportamento in concreto del lavoratore, anche sotto il profilo soggettivo della colpa oltre che del dolo (intenzionalità), con valutazione in senso accentuativo rispetto alla regola della “non scarsa importanza” di cui all’art. 1455 c.c., nonché della proporzionalità del detto comportamento rispetto alla sanzione; la diffusione di un messaggio diffamatorio da parte del lavoratore nei confronti di un rappresentante (facilmente individuabile benché non nominato) dell’azienda da cui dipende, diffusione effettuata attraverso l’uso di propria bacheca facebook, integra una ipotesi di diffamazione, per la potenziale capacità di raggiungere un numero indeterminato di persone, e, in quanto diffamazione, configura giusta causa del recesso, perché idonea a recidere il vincolo fiduciario nel rapporto lavorativo.

La Corte di appello  di Bologna, con decisione del 12 maggio 2016, nel rigettare ricorso, contro decisione del Tribunale di Forlì, per l’accertamento dell’illegittimità di licenziamento per giusta causa, argomentava, tra l’altro, la riconducibilità di atteggiamento diffamatorio, in caso di specie su bacheca facebook, del lavoratore verso i superiori e l’azienda nella giusta causa di licenziamento. Ciò, altresì, in un quadro di disamina che escludeva la possibilità di collegare una dinamica di stress psicofisico alle condotte del prestatore di lavoro.

La, considerata, sentenza della Corte di appello di Bologna veniva fatta oggetto di ricorso in Cassazione.

La Suprema Corte, articolando le argomentazioni sopra massimate, rigettava il ricorso.

Giorgio Frontini

* Di prossima pubblicazione su “Lavoro a previdenza oggi” (www.lpo.it)

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