LICENZIAMENTO ILLEGITTIMO: REINTEGRAZIONE E DIRITTO DI OPZIONE. CONDANNA GENERICA E TITOLO ESECUTIVO – Tribunale di Roma, 14 aprile 2015, n. 3791, est. Mimmo

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In caso di licenziamento illegittimo, con conseguente condanna alla reintegrazione nel posto, l’esercizio del diritto di opzione, ex art. 18 St. Lav., estingue il rapporto di lavoro, senza alcun ulteriore onere retributivo/indennitario a carico del datore di lavoro e, nel caso di inadempimento o di ritardo nel pagamento dell’indennità sostitutiva della reintegrazione all’esito della fase sommaria, si applicano le norme civilistiche sulle obbligazioni pecuniarie.
In caso di licenziamento illegittimo, con conseguente reintegrazione nel posto di lavoro, ex art. 18 St. Lav., la condanna al pagamento del risarcimento danni mediante una somma non liquidata direttamente dal giudice non è generica, e quindi a tutti gli effetti è titolo esecutivo se si può pervenire alla quantificazione del credito per mezzo di una mera operazione matematica eseguibile sulla base di elementi contenuti in sentenza o ritualmente acquisiti al processo in cui il titolo si è formato. (Massime a cura di Rosalinda Montesarchio)

A seguito dell’ordinanza del Tribunale di Roma emessa, il 27 ottobre 2014, all’esito della fase sommaria, che ha dichiarato illegittimo l’atto con il quale era stato disposto il licenziamento da parte di E.V. s.r.l. nei confronti di D.M.R., con conseguente condanna al pagamento delle retribuzioni dalla data del licenziamento sin al momento dell’effettiva reintegra, ai sensi dell’art. 18 della L. n. 300 del 1970, il Tribunale di Roma è stato, ai sensi dell’art.1 commi 48 e ss. della L. n. 92 del 2012, investito della decisione sulla questione circa la genericità o meno della condanna contenuta nell’ordinanza, posto che nel frattempo sono intercorsi l’esercizio del diritto di opzione da parte di D.M.R. e l’azione esecutiva nei confronti di E.V. s.r.l.. Il Tribunale di Roma è stato quindi chiamato a pronunciarsi sul dies a quem per gli effetti del calcolo del risarcimento del danno a seguito di licenziamento illegittimo nell’ipotesi di esercizio da parte del lavoratore del diritto di opzione e su altra questione relativa alla sussistenza di un valido titolo esecutivo a fronte di una condanna al pagamento di somme non quantificate.
Rispetto all’esercizio del diritto di opzione, posto che la volontà di optare per l’indennità sostitutiva è stata manifestata da D.M.R. in data successiva alla pronunzia sulla reintegrazione e comunque entro i 30 giorni successivi alla comunicazione della stessa, il Tribunale di Roma chiarisce che, dalla data del licenziamento, successivamente dichiarato illegittimo, e sino al momento nel quale è stato esercitato il diritto di opzione, il datore di lavoro debba corrispondere le retribuzioni che il lavoratore avrebbe guadagnato se non fosse stato illegittimamente estromesso. E che, dal momento dell’esercizio del diritto di opzione, il pagamento delle somme sarà soggetto alle regole civilistiche dell’istituto delle obbligazioni pecuniarie con la corresponsione degli interessi legali, nel caso di inadempimento o di ritardo nell’adempimento. Il Tribunale di Roma ha, pertanto, confermato il più recente orientamento della Corte di Cassazione, in base al quale il rapporto di lavoro, con la comunicazione al datore di lavoro di tale scelta, si estingue senza che debba intervenire il pagamento dell’indennità stessa e senza che permanga – per il periodo successivo in cui la prestazione lavorativa non è dovuta dal lavoratore né può essere pretesa dal datore di lavoro – alcun obbligo retributivo/indennitario. Ne consegue che l’obbligo avente ad oggetto il pagamento della suddetta indennità è soggetto alla disciplina della “mora debendi” in caso di inadempimento, o ritardo nell’adempimento, delle obbligazioni pecuniarie del datore di lavoro, con applicazione dell’art. 429, co. 3, c.p.c. salva la prova, di cui è onerato il lavoratore, di un danno ulteriore (Cass. civ. Sez. Unite, 27 agosto 2014, n. 18353, conf. Cass., 22 gennaio 2015, n. 1169). Il problema, come noto, è stato risolto dal tenore letterale del nuovo art. 18 co. 3, il quale, dopo la Legge 28 giugno 2012 n. 92, sancisce che l’esercizio del diritto di opzione determina la risoluzione del rapporto di lavoro.
Con riferimento al secondo principio di diritto, in relazione alla condanna contenuta nell’ordinanza al pagamento delle retribuzioni da parte di E.V. s.r.l. in favore di D.M.R dal momento del licenziamento e fino al momento dell’effettiva reintegra, il Tribunale di Roma ha dovuto decidere sulle doglianze di E.V. s.r.l., secondo il quale si tratterebbe di condanna generica, in quanto l’ammontare del danno non è stato liquidato direttamente dal giudice nell’ordinanza e, in ragione di ciò, la stessa, non costituirebbe titolo idoneo ad intraprendere l’azione esecutiva che è stata invece avviata nei suoi confronti da D.M.R.. Il Tribunale di Roma ha ritenuto essere principio consolidato quello secondo cui, pur in presenza di una condanna che non specifichi l’importo nella sua esatta entità, il provvedimento costituisce titolo esecutivo qualora si possa pervenire alla quantificazione del credito per mezzo di una mera operazione matematica eseguibile sulla base di elementi contenuti nella pronunzia, e in ossequio a quanto disposto dalla Corte di Cassazione anche sulla base di elementi ritualmente acquisiti al processo in cui il titolo si è formato (Cass. Sez. Unite 2 luglio 2012 n. 11066; Cass. 31 ottobre 2014, n. 23159 e Cass. 16 aprile 2013, n. 9161). Il Tribunale di Roma è pertanto giunto a ritenere, in applicazione di tale principio, che la decisione con la quale il giudice condanna il datore di lavoro al pagamento di un determinato numero di retribuzioni mensili ovvero delle retribuzioni maturate da una certa data, costituisca titolo esecutivo qualora nella motivazione si specifichi l’ammontare della retribuzione mensile, in quanto operazione meramente matematica (in tal senso, Cass., 2 settembre 2014, n. 18519). D’altro canto, la Corte di Cassazione ha definito condanna generica al risarcimento dei danni quella che presuppone soltanto l’accertamento di un fatto potenzialmente dannoso, in base ad un accertamento anche di probabilità o di verosimiglianza. Ne deriva che la pronuncia sulla responsabilità si configura come una mera declaratoria juris del tutto astratta, da cui esula qualunque accertamento in ordine alla concreta sussistenza del danno, oggetto della successiva fase del giudizio. (Cass. Civ. Sez. III, 31 marzo 2015, n. 6451). Nel caso in esame, il Tribunale di Roma afferma che, direttamente dall’ordinanza, risulta che il lavoratore era inquadrato nel livello C4 c.c.n.l. proprietari di fabbricati con qualifica di impiegato e mansioni di addetto alla segreteria; risulta, poi, che in fase di giudizio avverso il licenziamento, il lavoratore aveva prodotto il contratto di assunzione del 22 febbraio 2011, il c.c.n.l. applicato, il prospetto paga di aprile 2014, il prospetto paga di febbraio 2011 e il CUD per l’anno 2011, circostanze che non risultano contestate. Ora, posto che l’ordinanza impugnata definisce chiaramente il periodo temporale, ai fini dell’indennità risarcitoria dovuta da E.V. s.r.l. a D.M.R., intercorrente dalla data del licenziamento alla data dell’effettiva reintegra, o nel caso che poi si è verificato, alla data dell’esercizio del diritto di opzione, l’ordinanza ai sensi dell’articolo 474 c.p.c. costituisce titolo esecutivo, per la certezza dei parametri da utilizzare ai fini del calcolo meramente matematico.

Rosalinda Montesarchio

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