LICENZIAMENTI COLLETTIVI: LA FUNGIBILITA’ DEI LAVORATORI E L’ONERE DELLA PROVA – Provvedimenti citati sotto

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Tribunale di Civitavecchia, Sezione Lavoro, 7 maggio 2015, n. 2426; Tribunale di Civitavecchia, Sezione Lavoro, 24 Aprile 2015, n. 2171; Tribunale di Roma, Sezione Lavoro, 27 febbraio 2015, n. 38594

I Tribunali di Roma e Civitavecchia, con rispettive ordinanze del 27.02.2015, 7.05.2015 e 24.04.2015, hanno statuito in merito alla vicenda avente come parti il colosso del settore del trasporto aereo, Alitalia Cai, e alcuni dipendenti licenziati a seguito di una procedura di licenziamento collettivo del 3.10.2014 per asserita crisi aziendale.
I ricorrenti lamentavano, innanzitutto, l’illegittimità della suddetta procedura perché determinata da motivo illecito, ossia diretta all’elusione della disciplina di cui all’art. 2112 c.c.
Sul punto, entrambi i Tribunali hanno parimenti rigettato la domanda, evidenziando che la preventiva riduzione del personale dovuta a crisi aziendale non si poneva in contrapposizione con la vicenda del trasferimento d’azienda, poiché quest’ultimo era uno degli strumenti individuato dalle parti nell’accordo quadro al fine del risanamento della società resistente. Di conseguenza, si specificava che “l’esigenza di far fronte alla crisi in atto rappresenta quanto meno un motivo concorrente che impedisce di attribuire al motivo illecito l’efficacia causativa esclusiva che sola può determinare l’illiceità del contratto ex art. 1345 c.c.”.
Il secondo motivo di censura riguardava la mancanza dei criteri di scelta individuati soltanto mediante il richiamo a quelli già contenuti nell’accordo del 12.07.2014 inerente ad una prima procedura.
Tuttavia, anche su questo punto i Tribunali concordavano circa l’infondatezza dell’eccezione, evidenziando che seppur l’accordo del 24.10.2014 richiamasse i criteri di scelta di cui al precedente accordo, nel contempo ne precisava l’ordine di applicazione e le concrete modalità di attuazione degli stessi: “a parità di posizioni di lavoro si procederà con la collocazione in mobilità del personale con minor numero di certificazioni/abilitazione e/o con minori abilità professionali su specifici apparati/sistemi precedentemente acquisite all’esito di percorsi formativi documenti e certificati dalle autorità competenti…”.
Infine, i ricorrenti denunciavano l’irregolarità dell’applicazione dei criteri di scelta; orbene come affermato dalla giurisprudenza, il datore di lavoro può, nell’esercizio del suo potere discrezionale, restringere la platea dei licenziabili nel rispetto di oggettive esigenze aziendali e con il limite di includervi tutti i lavoratori che possiedono tra di loro un profilo professionale fungibile, mantenendosi comunque coerente nel corso dell’intera procedura con la scelta adottata ab initio.
A quest’ultimo motivo di impugnazione i suddetti Tribunali rispondevano diversamente.
Da una parte, il Tribunale di Civitavecchia con due ordinanze (del 24.04.2015 e del 07.05.2015), precisava che incombeva sul datore l’onere di provare che il più ristretto ambito nel quale la scelta era stata effettuata fosse giustificato da una professionalità specifica, tale da rendere impossibile la comparazione.
Sicché, nonostante il Tribunale avesse accertato una carenza di allegazione in tal senso da parte dal datore, riconosceva ai ricorrenti la sola tutela indennitaria, poiché tale condotta aveva determinato una mera violazione della procedura nella fase di applicazione dei criteri di scelta.
La tutela reale richiesta dai ricorrenti era stata invece esclusa dal giudice, poiché i lavoratori non avevano provato la vantaggiosa conseguenza che sarebbe scaturita da una corretta applicazione dei criteri medesimi. Ne derivava un onere a carico del lavoratore, più volte acclarato dalla giurisprudenza (vedi Cass. 12711/2000, Cass. 5358/1998, Cass. 16629/2005) di precisa indicazione dei lavoratori in possesso di una professionalità fungibile con la propria.
D’altra parte, il Tribunale di Roma (ordinanza del 27.02.2015) disponeva la reintegrazione della ricorrente per violazione dei criteri di scelta ex art. 5, comma 3, legge n. 223/91: nel caso di specie il datore di lavoro aveva inizialmente delimitato legittimamente l’area dei soggetti licenziabili, in quanto tra loro fungibili. Tuttavia, nel corso della procedura riduceva discrezionalmente la suddetta area, senza addurre alcuna motivazione; sicché il Giudice del lavoro aveva dunque rinvenuto una violazione dei criteri di scelta e, di conseguenza, dichiarava l’illegittimità del licenziamento.
È significativo evidenziare come, in quest’ultimo caso, la reintegrazione sia conseguenza diretta della violazione dei criteri di scelta da parte del datore: il Giudice del Lavoro non fa alcun riferimento all’onere probatorio del lavoratore, considerato invece determinante dal Tribunale di Civitavecchia.

Chiara De Santis e Pilar Torina

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