LE COLLABORAZIONI COORDINATE E CONTINUATIVE NELL’INTERPRETAZIONE DELLE SEZIONI UNITE – Corte di Cassazione, Sezioni Unite, 20 gennaio 2017, n. 1545, rel. Spirito

csdn_7

“…il coordinamento presupposto dalla disposizione di cui all’art. 409 c.p.c. , n. 3, deve essere inteso in senso verticale, ossia deve rappresentarsi come una situazione per cui il prestatore d’opera parasubordinata è soggetto ad un coordinamento che fa capo ad altri, in un rapporto che deve presentare connotati simili a quelli del rapporto gerarchico propriamente subordinato. E’ per questo, ossia al fine di favorire la parte normalmente più debole, che il rapporto parasubordinato è assoggettato dal legislatore alla medesima disciplina processuale prevista per quello subordinato. In altri termini, l’attività coordinata è sinonimo di attività in qualche misura eterodiretta o, comunque, soggetta ad ingerenze o direttive altrui.”

Collaborazioni coordinate e continuative – coordinamento – rapporto gerarchico – eterodirezione.
Art. 409 c.p.c. – art. 2094 c.c. – art. 2 del d.lgs. 81/2015
Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione sono state chiamate a stabilire se il rapporto intercorrente tra una società per azioni ed il suo amministratore sia qualificabile come di lavoro subordinato o autonomo (ovvero appartenente ad un tertium genus, estraneo ad entrambi e, di conseguenza, se il limite alla pignorabilità dello stipendio ex art. 545 c.p.c., comma 4, sia applicabile ai compensi o agli emolumenti da questi percepiti.
La fattispecie concreta muove da un’espropriazione presso terzi promossa da una banca creditrice nei confronti del debitore e delle sue debitrici, due società di cui era rispettivamente amministratore e componente del consiglio di amministrazione, all’esito della quale il Tribunale di Ancona ha assegnato al creditore procedente l’intera somma accantonata a titolo di emolumenti per l’attività svolta per le due società, qualificata di lavoro autonomo. Il debitore ha proposto opposizione, sostenendo che l’attività svolta come amministratore e componente del consiglio di amministrazione andasse ricondotta nell’ambito de applicazione dell’art. 409 c.p.c, n. 3, con conseguente limitazione dei compensi pignorabili.
L’opposizione è stata accolta dal Tribunale che ha qualificato l’attività come di lavoro parasubordinato e, revocando l’ordinanza di assegnazione, ha limitato la pignorabilità dei compensi al quinto.
La banca creditrice ha proposto ricorso per cassazione della sentenza resa ai sensi dell’art. 281 sexies c.p.c. La terza sezione civile della Corte di Cassazione, ritenendo la questione della limitazione o meno della pignorabilità dei compensi degli amministratori di particolare importanza, a sua volta fondata sulla soluzione del contrasto giudiziale che si è creato circa il presupposto logico-giuridico costituito dalla natura parasubordinata o diversa del rapporto che lega l’amministratore alla società, ha rimesso gli atti alle Sezioni Unite.
I Giudici delle Sezioni Unite hanno preliminarmente dato conto delle due posizioni dottrinarie circa la natura del rapporto che intercorre tra la società per azioni ed il suo amministratore.
Secondo la teoria contrattualistica fra la società e l’amministratore intercorre un vero e proprio contratto, in quanto autonomi centri di interessi, spesso anche contrapposti, contratto di volta in volta qualificato come negozio tipico sui generis (assimilabile di volta in volta al mandato, al contratto d’opera ovvero di lavoro subordinato, con applicazione delle relative discipline compatibili, senza tuttavia identificarsi con alcuno di essi); di mandato (superata tuttavia dalla riforma del testo dell’art. 2392 c.c. in cui è stato eliminato il riferimento alla diligenza del mandatario ex art. 1710 c.c.); di lavoro subordinato (con l’assemblea che ha il potere di costituire ed estinguere il rapporto, esercitando le prerogative di direzione e controllo, con i doveri di fedeltà e di collaborazione, specie di non concorrenza gravanti sull’amministratore); di prestazione di opera professionale (con assunzione di responsabilità ed impiego di tempo ed energie lavorative); di lavoro parasubordinato.
La teoria organica esclude in radice invece che tra la società e l’amministrazione possa intercorrere un rapporto di natura patrimoniale in ragione della mancanza di due distinti centri di interesse e di volontà.
La giurisprudenza si è divisa sulla scia dei contrasti dottrinari con un primo orientamento che, aderendo alla teoria organica, escludeva che nel rapporto di amministrazione potessero individuarsi due distinti centri di interesse, con conseguente applicazione alle relative controversie del rito ordinario.
Un diverso orientamento riconduceva le controversie in tema al rito del lavoro con applicazione dell’art. 409 c.p.c. n. 3, presentando il rapporto fra l’amministratore e la società i caratteri della continuità e del coordinamento con l’attività societaria.
A sanare il contrasto sono intervenute le Sezioni Unite con la sentenza n. 10680 del 1994, propendendo per la qualificazione del rapporto di amministrazione in termini di rapporto di lavoro parasubordinato ai sensi dell’art. 409 c.p.c. n.3, non rilevando in senso contrario il contenuto parzialmente imprenditoriale dell’attività gestoria né l’eventuale mancanza di debolezza contrattuale dell’amministratore nei confronti della società.
L’enunciato delle Sezioni Unite poggia su quattro proposizioni: a) è configurabile nei rapporti interni un vincolo di natura obbligatoria fra l’amministratore e l’ente gestito, potendo ben costituire due centri d’interesse contrapposti; b) l’attività prestata dall’amministratore presente i caratteri della personalità, della continuazione e della coordinazione, rientrando appieno nella previsione dell’art. 409 c.p.c. n. 3); c) lo svolgimento di un’attività di contenuto imprenditoriale non è d’ostacolo a tale qualificazione, stante l’analogia con quella svolta dall’institore che opera sicuramente quale lavoratore subordinato; d) la situazione di eventuale debolezza contrattuale non esclude la parasubordinazione, non essendo un presupposto di applicabilità del rito del lavoro.
Pur affermandosi nel tempo un orientamento maggioritario della giurisprudenza nel senso indicato dalla pronunzia delle Sezioni Unite, tuttavia i contrasti non si sono sopiti, determinando l’ulteriore intervento del 1994 con il quale la Suprema Corte, pur ribadendo la qualificazione dell’attività dell’amministratore come parasubordinata, ha ridisegnato la conformazione giuridica nel coordinamento, accentuandone fortemente i caratteri dell’eterodirezione, facendo leva sul riferimento all’elemento della debolezza contrattuale, andando così in direzione contraria alla pronunzia del 1994 che ne aveva svalutato ogni valenza qualificatoria della fattispecie e comunque la rilevanza.
Secondo la Corte, il coordinamento va inteso “in senso verticale”, nel senso che fa capo ad altri, nell’ambito di un rapporto che presenta connotati simili alla relazione gerarchica tipica del vincolo di subordinazione, al punto che l’attività coordinata diventa sinonimo di attività eterodiretta o, comunque, soggetta ad ingerenze o direttive altrui; in tale quadro, il rapporto va assoggettato alla disciplina dell’art. 409 c.p.c. al fine di favorire la parte normalmente più debole.
La pronunzia si presta ad una duplice lettura: minimale, nel solco della pregressa giurisprudenza che comunque anche nel caso delle collaborazioni autonome non escludeva direttive generali da parte del committente, dirette a conformare il risultato dedotto in contratto al proprio interesse, a maggior ragione nel caso delle collaborazioni personali, continuative e coordinate ad un’impresa in relazione alle quali l’esigenza di raccordo dell’attività del collaboratore con l’organizzazione produttiva del committente implica un’accentuazione delle direttive fornite, ovvero innovativa dei precedenti assetti in cui il coordinamento assume i connotati di un rapporto gerarchico e l’attività diviene a tutti gli effetti eterodiretta.
In questo secondo caso va effettuata una rigorosa verifica in ordine a quanto il principio espresso possa incidere sulla valutazione e qualificazione degli elementi distintivi delle due fattispecie tipiche prestazione subordinata/collaborazione personale, continuativa e coordinata (parasubordinata) che ruotavano attorno alla tradizionale dicotomia eterodirezione/autonomia.

Enrico Boursier Niutta

Related News

Leave a reply