L’AMBITO DI APPLICAZIONE DEL RITO FORNERO: L’IDENTITÀ DEI “FATTI COSTITUTIVI” SECONDO LA SUPREMA CORTE – Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, 10 agosto 2015, n. 16662, pres. Vidiri, rel. Maisano

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Disponendo l’art. 1, comma 48, L. n. 92/2012 che con il rito “Fornero” possono essere proposte, oltre alle domande relative all’impugnativa dei licenziamenti nelle ipotesi regolate dall’art. 18 stat. lav., unicamente quelle che siano fondate sugli identici “fatti costitutivi”, deve ritenersi improponibile la domanda con cui il ricorrente chieda, subordinatamente all’applicazione di qualcuna delle tutele contemplate dall’art. 18 stat. lav., la concessione della tutela di cui all’art. 8, L. 604/66, atteso che tale ultima domanda è con tutta evidenza fondata su “fatti costitutivi” diversi rispetto a quelli contemplati dall’art. 18 cit., almeno per quanto attiene il requisito dimensionale e la natura delle imprese datrici di lavoro.

Licenziamento – Impugnazione – Rito Fornero – Ambito di applicazione – Coesistenza con domande soggette al rito codicistico – Improponibilità.
Art. 18 stat. lav.; art. 8, L. 604/1966; art. 1, comma 48, L. 92/2012
Con la sentenza n. 16662 del 10 agosto 2015, la S.C. affronta la questione interpretativa, ampiamente dibattuta in dottrina e giurisprudenza, relativa al contenuto ed ai limiti delle domande azionabili con il rito sommario delineato dall’art. 1, commi 47 ss. della L. n. 92 del 2012, nonché alle conseguenze derivanti dall’avvenuta proposizione con il suddetto rito di domande diverse da quelle rientranti nell’art. 18 stat. lav.
Per quanto emerge dalla suindicata pronuncia, la Corte d’appello di Catanzaro, avendo qualificato il provvedimento emesso dal Giudice di prime cure alla stregua di un’ordinanza ex art. 1, comma 49, L. 92/2012, aveva dichiarato inammissibile il reclamo proposto dal lavoratore ricorrente avverso tale provvedimento, sul presupposto che al giudizio a cognizione sommaria introdotto dalla suddetta legge debba necessariamente seguire una fase a cognizione piena innanzi al medesimo Tribunale, non potendosi adire “per saltum” direttamente la Corte d’appello, senza aver precedentemente instaurato il giudizio di opposizione previsto dal comma 51 dell’art. 1, L. 92/2012 cit.
Dopo aver ricordato che il “rito Fornero” trova applicazione in tutte le controversie aventi ad oggetto l’impugnativa dei licenziamenti nelle ipotesi regolate dall’art. 18 stat. lav., instaurate successivamente alla data di entrata in vigore della legge medesima, e che quindi, diversamente da quanto lamentato da parte ricorrente, secondo cui il giudicante avrebbe dovuto rinviare la causa al giudice di primo grado al fine di disporre il mutamento del rito, la Corte territoriale, avendo correttamente ritenuto applicabile ratione materiae il rito “Fornero”, aveva giustamente concluso per l’inammissibilità del reclamo, la S.C. osserva che, «A prescindere da tale assunto», nel caso di specie, trova in ogni caso applicazione il principio di diritto alla stregua del quale «Ai sensi del disposto del comma 48 dell’art. 1 della legge 28 giugno 2012, n. 92», per l’operatività del c.d. rito Fornero, «le domande diverse da quelle avente ad oggetto la reintegra nel posto di lavoro, devono basarsi su “fatti costitutivi” identici a quelli fondanti la richiesta nel giudizio di tutela reale».
Conseguentemente – continua la Corte – è da ritenersi «improponibile» la domanda dal lavoratore «spiegata in via subordinata all’applicazione dell’art. 18 l. 20 maggio 1970 n. 300, in ragione della diversità dei rispettivi fatti costitutivi, così come in tutti i restanti casi di domande connesse a quella di reintegra nel posto di lavoro».
Tale soluzione, oltre ad essere «supportata dal dato letterale del citato comma 48», atteso che la domanda proposta ai sensi dell’art. 8, L. 604/66 è «basata su “fatti costitutivi” diversi da quelli fondanti la domanda di reintegra ex art. 18 stat. lav. (specificatamente per quanto attiene al numero dei dipendenti nonché alla natura delle imprese datrici di lavoro)», secondo la Corte troverebbe, inoltre, il suo fondamento nella «finalità sottesa alla legge del 2012», volta a «garantire un processo la cui celerità non può che risultare graduata in ragione del contenuto degli interessi coinvolti».

Elena Giorgi

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