LA SUPREMA CORTE SUL REQUISITO DELLA NAZIONALITA’ EX ART. 28 ST. LAV. – Cass. 9 giugno 2014, n. 12885, pres. Miani Canevari, rel. Amendola

Cass.-300x225

Legittimazione attiva nel procedimento per la repressione della condotta antisindacale: distinzione tra il requisito della “nazionalità” delle associazioni sindacali per l’accesso alla tutela ex art. 28 L. n. 300/1970 ed i presupposti per procedere alla costituzione delle rappresentanze sindacali aziendali

Con la pronuncia in commento la Suprema Corte di Cassazione affronta nuovamente il problema della legittimazione attiva ad agire ex art. 28, legge n. 300/1970 chiarendo in che modo debba essere interpretato il requisito della “nazionalità” delle associazioni sindacali richiesto dal comma 1 della disposizione citata.

La sentenza resa dal Supremo Collegio richiama il consolidato orientamento che individua quale requisito di accesso alla tutela ex art. 28 cit. la “nazionalità” intesa come tratto caratterizzante di un’associazione sindacale con struttura organizzativa articolata a livello nazionale che svolga attività su tutto (o su ampia parte del) territorio nazionale, ma si pone in una dimensione nuova ed originale rispetto alle precedenti decisioni in quanto traccia con nettezza “chirurgica” la distinzione tra i requisiti necessari per attivare il procedimento per la repressione della condotta antisindacale ed il presupposto per la costituzione delle rappresentanze sindacali aziendali previsto dall’art. 19, legge n. 300/1970.

Nel caso in esame, il chiarimento fornito dalla Corte di legittimità è la conseguenza di una censura mossa dalla parte ricorrente avente ad oggetto la pretesa incidenza sulla questione della legittimazione attiva ex art. 28 della nota sentenza additiva della Corte Costituzionale n. 231 del 23 luglio 2013, pronuncia quest’ultima con la quale il Giudice delle Leggi ha dichiarato la illegittimità costituzionale dell’art. 19 nella parte in cui non prevede che la rappresentanza sindacale aziendale possa essere costituita anche nell’ambito di associazioni sindacali le quali, se pur non firmatarie dei contratti collettivi applicati nell’unità produttiva, abbiano comunque partecipato alla relativa negoziazione nella qualità di rappresentanti dei lavoratori dell’azienda.

Per tal via, la Corte di Cassazione ha trovato occasione utile per chiarire come non debba “confondersi (…) la legittimazione ai fini dell’art. 28 con i requisiti richiesti dall’art. 19 della medesima legge per la costituzione di rappresentanze titolari dei diritti di cui al titolo terzo”. L’art. 28, prosegue il Collegio, non richiede invero il requisito della sottoscrizione (o comunque la partecipazione alla relativa negoziazione) dei contratti collettivi nazionali (o anche provinciali o aziendali, purché applicati in azienda), requisito questo di per sé “implicante il consenso della parte datoriale”, ma richiede – concludono i Giudici – “esclusivamente che l’associazione sia nazionale” secondo i parametri più volte scanditi dalla Cassazione stessa, anche a Sezioni Unite (Cass. S.U. 21 dicembre 2005, n. 28269).

Avv. Sergio Testa

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