INDEBITA INTERPOLAZIONE TRA NORMATIVE IN MATERIA DI AIUTI DI STATO – Corte di Cassazione, Sez. Lav. 21 giugno 2017 n. 15385, Rel. Cavallaro

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L’ordinamento comunitario e l’ordinamento interno sono configurati come sistemi normativi autonomi e distinti, ancorché coordinati, secondo la ripartizione di competenze stabilita e garantita dai Trattati, di talché, sebbene le disposizioni derivanti dalla fonte comunitaria vengano a ricevere, ex artt. 11 e 117, comma 1, Cost., diretta applicazione nel territorio italiano, esse rimangono estranee al sistema delle fonti interne e, se munite di efficacia diretta, precludono al giudice nazionale di applicare la normativa interna con esse ritenuta inconciliabile, previo, ove occorra, rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia; ne consegue che non è consentita all’interprete l’interpolazione di comandi provenienti da fonti normative appartenenti ad ordinamenti che restano diversi, pur essendo coordinati, trattandosi di operazione viziata sotto il profilo logico e giuridico. (In applicazione del principio enunciato, la S.C. ha cassato la decisione impugnata che, ritenendo “le assunzioni avvenute al di fuori della normativa italiana incompatibili con la normativa comunitaria”, aveva realizzato un’indebita interpolazione tra disposizioni normative appartenenti ad ordinamenti differenti ed alterato la “causa petendi” dell’azione promossa dall’INPS, trasformando un’azione di recupero di aiuti di Stato, illegittimamente concessi secondo il diritto comunitario, in una di recupero di sgravi contributivi indebitamente fruiti secondo il diritto interno).

Art. 107 TFUE – art. 10 Cost. – art. 11 Cost. – art. 117 Cost., co. 1

Nel caso in esame, la Società ha proposto ricorso per Cassazione avverso la sentenza della Corte di appello di Caltanissetta che ha dichiarato la stessa debitrice nei confronti dell’Inps di una ingente somma a titolo di sgravi indebitamente fruiti in relazione a contratti di formazione e lavoro stipulati con i propri dipendenti.

La Società ha contestato un arbitrario mutamento della causa petendi da parte del Giudice territoriale, il quale ha trasformato la pretesa creditoria dell’Inps sul presupposto che “assunzioni con contratto di formazione e lavoro effettuate in violazione della legge italiana dovessero considerarsi ipso iure incompatibili con la normativa comunitaria in tema di divieto di aiuti di Stato”.

La Società, inoltre, ha eccepito la violazione e falsa applicazione dell’art. 87 del Trattato CE e della decisione della Commissione Europea dell’11.5.1999, per avere i Giudici della Corte territoriale ritenuto che fosse la normativa europea relativa al divieto degli aiuti di Stato ad individuare il requisito della giovane età degli assunti con contratto di formazione e lavoro.

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, cassando la sentenza impugnata, con rinvio alla Corte di appello di Catania.

La sentenza in commento rientra nell’ambito del “vivace” dibattito in merito alla compatibilità o meno tra la normativa italiana relativa all’incentivazione dell’occupazione e la normativa comunitaria: come noto, l’art. 107 TFUE (ex art. 87 Trattato CE), salvo espresse deroghe presenti nel trattato stesso, sancisce che “sono incompatibili con il mercato comune, nella misura in cui incidano sugli scambi tra gli Stati membri, gli aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma che, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza”.

In materia di aiuti di Stato la Commissione Europea, unico organo competente a valutare in una prima fase la compatibilità o meno ai sensi dell’art. 107 TFUE, infatti, con la decisone dell’11.5.1999, ha dichiarato illegittimi gli aiuti concessi dall’Italia per interventi a favore dell’occupazione, in particolare per le agevolazioni concesse per i contratti di formazione e lavoro che non sono in linea con i criteri di compatibilità adottati dalla stessa Commissione, e di conseguenza, ne ha ordinato il recupero.

A sostegno della propria decisione, la Corte di Cassazione ha posto varie ragioni, soffermandosi, in primo luogo, sul generale rapporto tra le fonti di diritto interno e diritto comunitario, facendone applicazione alla materia previdenziale.

E’ nota l’evoluzione degli orientamenti giurisprudenziali della Corte costituzionale e della Corte di Giustizia: a partire dalla sentenza Costa contro E.N.E.L. (Corte di Giust. Sent., 15 luglio 1964, Causa 6-64, n. 170), fino alla famosa sentenza Granital (Corte Cost., Sent., 8.6.1984).

Oggi il sistema normativo interno e quello comunitario sono considerati autonomi e distinti, ancorché coordinati, secondo la ripartizione di competenze stabilite e garantita nei Trattati.

Ed infatti, anche nella sentenza in commento i Giudici di legittimità hanno seguito la linea tracciata dalla Corte Costituzionale, secondo cui, sebbene le disposizioni derivanti dalla fonte comunitaria, in base all’art. 11 Cost. e all’art. 117, co. 1, Cost., abbiano diretta applicazione nel territorio italiano, esse non rientrano nel sistema delle fonti interne.

Tuttavia, qualora il giudice nazionale dovesse ritenere una norma interna incompatibile con una comunitaria, è quest’ultima a prevalere previo, ove occorra, rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia (tra le più recenti, v. Corte Cost., Sent., 22.4.2009 n. 125 e Corte Cost., Sent., 12.5.2017, n. 111).

Per questi motivi, la Cassazione ha ritenuto che, nel caso di specie, il Giudice territoriale ha erroneamente interposto norme comunitarie e norme interne generando “una (con)fusione” (così si è espressa la Corte), nell’individuazione delle disposizioni di riferimento, che ha inevitabilmente condotto ad un mutamento dei fatti costitutivi della domanda.

L’Inps, invero, ha agito in giudizio per ottenere il recupero di aiuti di Stato incompatibili con il mercato comune perché non conformi ai requisiti previsti dalla decisione della Commissione europea ed all’art. 87 del Trattato CE e non, come contrariamente sostenuto dai Giudici di secondo grado, per il recupero di sgravi contributivi indebitamente fruiti secondo il diritto interno.

La sentenza ha, dunque, affermato che il Giudice territoriale ha interposto indebitamente norme appartenenti ad ordinamenti diversi che inevitabilmente lo hanno condotto, da un lato, alla violazione del principio della corrispondenza tra chiesto e pronunciato (art. 112 c.p.c.) e, dall’altro, ad “un’operazione viziata sotto il profilo logico e giuridico” (v. Corte Cost., Sent., 22.4.2009, n. 125).

Ultimo punto sul quale la Cassazione è intervenuta è l’individuazione del termine di prescrizione per il recupero degli aiuti di Stato illegittimamente concessi: la Società ha lamentato la violazione e falsa applicazione dell’art. 3, commi 9 e 10, L. n. 335/1995 per avere la Corte di merito ritenuto che la normativa interna in materia di prescrizione quinquennale dei crediti per contributi non pagati andasse disapplicata allorché impedisca il recupero dell’aiuto di Stato dichiarato incompatibile con la decisione della Commissione europea dell’11.5.1999. La Cassazione, non accogliendo tale motivo di ricorso, ha ritenuto che, agli effetti del recupero degli sgravi contributivi integranti aiuti di Stato incompatibili col mercato comune, vale il termine ordinario di prescrizione decennale ex art. 2946 c.c., decorrente dalla notifica alla Repubblica Italiana della decisione comunitaria.

Per contro, il termine della prescrizione quinquennale non è applicabile perché l’azione di recupero degli aiuti di Stato non è assimilabile all’azione di pagamento di contributi non versati pur distinguendosi, come sottolineato nella sentenza, dalla ripetizione di indebito ex art. 2033 c.c..

Bellino Elio Panza – Marco Isceri

*Di prossima pubblicazione su “Lavoro e previdenza oggi” (www.lpo.it)

 

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