INCARICHI A DIPENDENTI PUBBLICI E OMESSA COMUNICAZIONE DEI COMPENSI: SULL’INCOSTITUZIONALITA’ DELLA SANZIONE – Corte Costituzionale, 29 Aprile 2015 – 5 Giugno 2015, n. 98, pres. Criscuolo, red. Grossi

postazione vuota trubunale

Impiego pubblico privatizzato – Enti pubblici economici e soggetti privati che conferiscono incarichi retribuiti a dipendenti pubblici, senza la previa autorizzazione dell’amministrazione di appartenenza – Omissione della comunicazione dell’ammontare dei compensi – Applicazione di una sanzione pecuniaria pari al doppio degli emolumenti corrisposti sotto qualsiasi forma ai dipendenti pubblici – Sanzione irragionevole e vessatoria – Illegittimità costituzionale parziale.
E’ costituzionalmente illegittimo, per violazione degli artt. 3 e 76 Cost., l’art. 53, comma 15, del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, nella parte in cui assoggetta gli enti pubblici economici e i privati che conferiscono incarichi retribuiti a dipendenti pubblici senza la previa autorizzazione dell’amministrazione di appartenenza, alla sanzione pecuniaria pari al doppio degli emolumenti corrisposti, in caso di omessa comunicazione dell’ammontare dei compensi.

Con ordinanza di rimessione il Tribunale ordinario di Ancona, in veste di giudice del lavoro, sollevava questione di legittimità costituzionale dinanzi alla Corte costituzionale avente ad oggetto l’art. 53, comma 15, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), “nella versione introdotta” dall’articolo 26 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 80 (Nuove disposizioni in materia di organizzazione e di rapporti di lavoro nelle amministrazioni pubbliche, di giurisdizione nelle controversie di lavoro e di giurisdizione amministrativa, emanate in attuazione dell’articolo 11, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59).
Secondo l’opinione del giudice a quo la disposizione in questione si porrebbe in contrasto con gli articoli 3, 24, 76 e 77 della Costituzione, nonché rispetto alla legge 23 ottobre 1992, n. 421 (Delega al governo per la razionalizzazione e la revisione delle discipline in materia di sanità, di pubblico impiego, di previdenza e di finanza territoriale) e alla legge 15 marzo 1997, n. 59 (Delega al governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della pubblica amministrazione e per la semplificazione amministrativa).
Il Tribunale rimettente solleva il dubbio di costituzionalità sull’articolo 53, comma 15, del d.lgs. 165/2001 nella parte in cui stabilisce che i soggetti di cui al comma 9 – vale a dire gli enti pubblici economici e i privati che conferiscono incarichi retribuiti a dipendenti pubblici senza la previa autorizzazione della amministrazione di appartenenza, e che omettano le comunicazioni di cui al comma 11 (in base al quale entro 15 giorni dalla erogazione del compenso per gli incarichi di cui sopra, i soggetti pubblici o privati comunicano all’amministrazione di appartenenza l’ammontare dei compensi erogati ai dipendenti pubblici) – sono assoggettati alla sanzione pecuniaria pari al doppio degli emolumenti corrisposti sotto qualsiasi forma ai dipendenti pubblici.
Osserva il tribunale di Ancona che nei confronti degli enti, pubblici o privati, che conferiscano incarichi retribuiti a dipendenti pubblici senza la previa autorizzazione, si applicherebbe una doppia sanzione di eguale ammontare: una prima sanzione per il conferimento dell’incarico senza autorizzazione e una seconda sanzione, di eguale misura, per l’omessa tempestiva comunicazione dell’ammontare dei compensi erogati. In particolare il giudice rimettente ravvisa la non manifesta infondatezza della questione che vede come parametro di giudizio la norma interposta rappresentata dalla delega legislativa. La legge di delegazione, infatti, non conterrebbe indicazioni (principi e criteri direttivi) sufficienti a giustificare il meccanismo sanzionatorio contestato il quale, anche alla luce del principio di ragionevolezza, risulterebbe particolarmente afflittivo in capo all’ente erogatore dei compensi.
La Corte costituzionale, dopo aver ricostruito il quadro normativo di riferimento reso alquanto complesso dalla reiterazione delle deleghe legislative, osserva quanto segue: l’obbligo di comunicazione alle amministrazioni di appartenenza degli incarichi conferiti, da privati o enti pubblici, ad appartenenti alle pubbliche amministrazioni trova il suo fondamento di legittimità nella legge 421/1992 che delegava il Governo, sulla base di una serie di criteri direttivi, a prevedere che qualunque tipo di incarico a dipendenti della pubblica amministrazione potesse essere conferito in casi rigorosamente predeterminati e che comunque gli enti, pubblici o privati, che avessero conferito i suddetti incarichi avrebbero dovuto comunicare alle amministrazioni di appartenenza dei pubblici dipendenti gli incarichi conferiti.
Successivamente, l’articolo 26 del d.lgs. n. 80/1998 (nuova versione dell’art. 53 del d.lgs. 165/2001) sostituiva l’obbligo della mera comunicazione dell’incarico con quello della previa autorizzazione da parte dell’amministrazione di appartenenza e, correlativamente, stabiliva l’applicazione della sanzione amministrativa per l’inadempimento di tale obbligo (comma 9). Sempre l’art. 26 introduceva un’identica sanzione anche nell’ipotesi in cui i soggetti conferenti incarichi non autorizzati avessero omesso di comunicare alle stesse amministrazioni l’ammontare dei compensi erogati nell’anno precedente (commi 11 e 15).
Quest’ultima disciplina, oggetto del giudizio di legittimità in esame, non pare alla Corte riconducibile ai criteri o ai principi enunciati nelle leggi di delegazione succedutesi nel tempo.
La Corte ha più volte evidenziato, nei suoi giudizi, che i vincoli derivanti dall’articolo 76 della Costituzione per l’esercizio della funzione legislativa da parte del Governo, non impediscono a quest’ultimo di emanare disposizioni che rappresentino un coerente sviluppo o un completamento delle scelte espresse dal legislatore delegante. Tuttavia non è ammissibile che la discrezionalità del legislatore delegato (il Governo) si esprima con disposizioni che, per eccesso o difetto, risultino non coerenti con la ratio della delega legislativa.
Nel caso di specie, la Corte ravvisa nella disposizione impugnata un meccanismo di tipo sanzionatorio privo di espressa indicazione da parte del legislatore delegato. Osserva, infatti, il giudice delle leggi che in una direttiva intesa a conferire al legislatore delegato il compito di prevedere una determinata condotta obbligatoria non può ritenersi come implicitamente giustificata anche la previsione di una sanzione conseguente alla violazione dell’obbligo. In specie, la sanzione prevista nel caso di mancata comunicazione dei compensi corrisposti ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni per incarichi non previamente autorizzati appare particolarmente vessatoria in quanto risulterebbe una duplicazione rispetto alla sanzione già prevista, nella stessa e grave misura, per il conferimento degli incarichi senza autorizzazione. Ne deriverebbe pertanto un effetto di moltiplicazione della sanzione non riconducibile alla ratio della delega legislativa. L’obbligo di comunicare i compensi corrisposti appare – secondo l’opinione della Corte – accessorio rispetto all’obbligo principale di comunicare il conferimento dell’incarico. Sembra dunque irragionevole che la sanzione per la violazione dell’obbligo accessorio si sovrapponga a quella prevista per la violazione dell’obbligo primario.
Pertanto, conclude la Corte, la disposizione impugnata risulta in contrasto con l’articolo 3 (principio di ragionevolezza) e con l’articolo 76 della Costituzione (che risulterebbe violato per il tramite della norma interposta rappresentata dalla legge di delegazione).

Angelo Rinella

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