Il “doppio licenziamento” intimato contestualmente sia ai sensi della legge n. 223/1991 sia come licenziamento individuale è illegittimo determinando la violazione dei criteri di scelta – TRIBUNALE DI LATINA del 30.11.2020, Est. Avarello, M.L. (avv.ti M. Salvagni e R. Panetta) c/ D.R.S. S.p.a. (avv. L. Lana)

Rapporto di lavoro – licenziamento collettivo e contestuale licenziamento individuale per gmo intimato con la medesima lettera – doppio licenziamento – medesima motivazione per entrambi i recessi – illegittimità – violazione dei criteri di scelta – reintegrazione. 

Il Tribunale di Latina, con ordinanza del 30.11.2020, ha reintegrato un lavoratore che era stato licenziato a seguito sia di una procedura di mobilità sia di licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo.

La società, a fronte di dichiarate difficoltà economiche derivanti dalla perdita di commesse, richiedeva l’avvio di una procedura di mobilità di cui alla l. 223/1991, con l’intento di licenziare 9 unità di personale. Peraltro, dopo la conclusione di una prima fase di tale procedura, la società procedeva al licenziamento di sole 4 unità senza mai concludere l’iter previsto dalla l. 223/1991.

Il Giudice, innanzitutto, ha accertato l’illegittimità del recesso in quanto intimato sulla base della stessa motivazione sia ai sensi della legge n. 223/1991, sia come licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo. Il Tribunale, in particolare, richiamando una recente pronuncia della Cassazione n. 808 del 2020, ha così dichiarato illegittimo il “doppio licenziamento”, evidenziandone la contrarietà alla ratio sottesa alla legge n. 223/1991, nonché al diritto di difesa del lavoratore.

Il Giudice, quindi, qualificato il recesso come collettivo, ne ha accertato l’illegittimità per violazione dei criteri di scelta. In tal senso, il Tribunale ha evidenziato che l’obiettivo della Legge n. 223/191 è quello di procedimentalizzare il licenziamento collettivo al fine di consentire un controllo preventivo sui criteri di scelta concretamente adoperati dal datore per individuare i lavoratori da licenziare.

La società, secondo il Tribunale, ha leso i diritti dei lavoratori per non aver portato a compimento la procedura e, soprattutto, per non aver indicato i criteri di scelta di cui all’art. 5, l. n. 223/1991, alla stregua dei quali il datore di lavoro deve procedere alla comparazione tra i diversi profili dei lavoratori interessati alla procedura (anzianità aziendale, carichi familiari, esigenze tecnico-produttive).

A parere del Tribunale di Latina, la mancata indicazione dei criteri di scelta ha, infatti, determinato un eccesso di discrezionalità del datore di lavoro in alcun modo controllabile da parte del lavoratore. Il Giudice ha, altresì, stigmatizzato la condotta aziendale consistita nell’abbandono “autoritario” della procedura collettiva per effettuare licenziamenti individuali plurimi per aver semplicemente ridotto il numero degli esuberi al di sotto della soglia legale, sottraendosi così alle esigenze di controllo sociale sottese al licenziamento collettivo.

La tesi sostenuta in giudizio dalla parte ricorrente ha avuto come obiettivo quello di dimostrare, da una parte, l’illegittimità del licenziamento alla stregua della legge n. 223/1991, in quanto la necessaria procedura preventiva non era stata correttamente esperita; dall’altra, l’illegittimità del recesso individuale sia sotto il profilo dell’insussistenza del fatto, sia sotto quello della violazione dell’obbligo di repechage per non avere esperito in concreto il tentativo di adibirlo a mansioni differenti, anche inferiori, pur di evitare il recesso.

Il Giudice ha, dunque, accolto in toto la tesi difensiva del lavoratore dichiarando l’illegittimità del licenziamento per violazione dei criteri di scelta ai sensi dell’art. 5, legge n. 223 /91 e condannando la società al pagamento di una indennità risarcitoria nella misura di 12 mensilità ed al versamento dei conseguenti oneri contributivi.

*Nicole Piperno

Dott.ssa in Giurisprudenza

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