DIRITTO DEL LAVORO ITALIANO, UN DIRITTO DURO? LICENZIAMENTO E FURTO DI CARAMELLE – Corte Suprema di Cassazione, Sez. Lavoro, n. 24014 del 12 ottobre 2017

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È pienamente legittimo il licenziamento disciplinare intimato al dipendente di un supermercato per aver sottratto confezioni di gomme e di caramelle per un valore pari a poco meno di 10 euro.

Con sentenza del 12 ottobre 2017 (n. 24014/17), la Corte suprema di cassazione (sezione lavoro) conferma il licenziamento di un dipendente del supermercato per il furto di dolciumi e caramelle del valore di circa 9,80 €. Ciò in considerazione della gravità dei fatti, non può essere altrimenti, nonostante il modesto valore economico del furto (improbabile che possa mettere a repentaglio la situazione finanziaria dell’azienda), perché l’odioso comportamento del dipendente ha arrecato un inevitabile “pregiudizio al rapporto di fiducia” con il datore di lavoro. Un tale pregiudizio impedisce il mantenimento del rapporto contrattuale tra le parti interessate. È vero, tuttavia, che il comportamento colpevole non è di poco conto: in un giorno non specificato (ma che farà data nella storia del commercio), alle 13.10, è partito l’allarme dell’antifurto destinato a proteggere i beni venduti nel negozio. Nelle tasche dell’uomo “malvagio”, così come nella sua giacca, sono stati trovati dolciumi e caramelle ed è stato licenziato.

La Corte, giudice della proporzionalità della sanzione, pone la domanda angosciante: il licenziamento, questa bomba H del diritto del lavoro (l’impiegato scompare ma i luoghi rimangono frequentabili), è proporzionato al fatto commesso? Risposta positiva: il giudice ritiene il “licenziamento per giusta causa” in considerazione della “gravità della condotta” del dipendente. Il prezzo modesto degli oggetti rubati non può servire come argomento a favore del colpevole secondo giurisprudenza consolidata (Cass., 3122/2015, Cass., 11806/1997).  La tenuità del danno patrimoniale non può diminuire la gravità del fatto; l’immoralità del gesto non è riscattata dallo scarso valore della proprietà sottratta al suo proprietario. Proprio come l’immoralità non può essere compensata dalle virtù del passato: la verginità professionale del dipendente – nessuna sanzione disciplinare conosciuta – non ha alcun peso in relazione alla “gravità della sua condotta”.

Fiducia e futuro sono le due nozioni centrali: con il suo gesto sconsiderato, il dipendente mina seriamente il rapporto contrattuale di fiducia, fino a renderlo inconcepibile, quindi impossibile nel futuro. A causa del furto avvenuto nel passato, un “dubbio” può persistere – attualmente – quanto alla “futura regolarità del suo comportamento”. La colpa è radicata nel tempo, al punto che il riconoscimento della colpa, legittima l’assenza di un futuro rapporto contrattuale.

La legge sul lavoro ha conservato questa lezione dal compianto Machiavelli: un traditore non può essere perdonato e merita l’esecuzione immediata. La tentazione passata diventerà – probabilmente, anzi sicuramente – la tentazione futura in quel tipo di negozio.

Quest’ultimo è caratterizzato – in particolare – dall’esposizione a scaffale di merci allettanti; ma il dipendente, per sua stessa funzione, è in “contatto diretto” con i suddetti beni. Era traditore, sarà traditore. La Corte insiste ancora sulla “condanna del lavoratore”, ritenuto colpevole di aver agito con premeditazione: ha agito così, persuaso della sua impunità, convinto che dolciumi e caramelle non fossero – a differenza di altri beni – dotati di dispositivi antitaccheggio. Il furbetto osava replicare affermando che ignorava l’innovazione adottata dal datore di lavoro; altrimenti avrebbe trattenuto la sua golosità. Il datore di lavoro – senza dubbio allertato da sospetti e ripetuti ammanchi di dolcetti, caramelle, e goloserie varie – aveva recentemente apposto tale meccanismo, senza che i suoi dipendenti lo sapessero. Non si è mai troppo attenti con il lavoratore infedele.

Gli argomenti usati dal ladro di caramelle non indeboliranno la convinzione del giudice. Il dipendente ha affermato di aver lasciato la giacca incustodita (complotto n.1: un altro ladro gli avrebbe riempito le tasche) e di essere vittima dei suoi pessimi rapporti con il capo della sicurezza (complotto n.2: quest’ultimo avrebbe agito a sue spese). Non ci sono prove a sostegno di tali asserzioni. Non dovremmo invocare la dipendenza, la perdita della capacità di controllarsi davanti a queste tentazioni giovanili?

E’ un delitto sacrilego, se si impicchi un ladro

Per aver saccheggiato un bottino di scarso valore.”

Prof. Franck Laffaille

(Professore di diritto pubblico, Falcoltà di giurisprudenza, Università di Parigi XIII, CERAP, Paris/Sorbonne/Cité)

* Traduzione a cura di Claudia La Valle

 

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