Decade il lavoratore che non impugna il licenziamento nel termine di 60 giorni decorrenti da quando il datore di lavoro ha tentato di consegnargli la lettera di licenziamento nel luogo di lavoro – Tribunale di Lamezia Terme n. 213 del 4 giugno 2018, Dott.ssa Salatino

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Può essere molto pericoloso per il lavoratore rifiutarsi di ricevere comunicazioni del datore di lavoro sul luogo di lavoro.

Primo, perché è obbligato a farlo, e quindi si esporrebbe a sanzioni disciplinari se le rifiutasse.

Secondo, perché da quella comunicazione che il lavoratore rifiutasse di ricevere decorrerebbe il termine di decadenza se fosse relativa ad un licenziamento o ad altro atto soggetto ad impugnazione entro un termine di decadenza (ad esempio, un trasferimento).

Il Tribunale di Lamezia Terme (Dott.ssa Salatino), con sentenza del 4 giugno 2018, ha accolto il ricorso in opposizione proposto dal datore di lavoro avverso l’ordinanza che, respingendone l’eccezione di decadenza, aveva accertato l’illegittimità del licenziamento, accogliendo, stavolta, nella seconda fase del giudizio, l’eccezione di decadenza dall’impugnativa di un licenziamento comunicato attraverso consegna, o comunque tentativo di consegna, di una busta chiusa alla presenza di un testimone che aveva confermato in giudizio come all’atto della consegna (o del tentativo di consegna) il datore di lavoro avesse avvertito il lavoratore che la busta conteneva la lettera di licenziamento per giustificato motivo oggettivo.

Il lavoratore aveva calcolato il dies a quo del termine di decadenza dal momento del ricevimento della successiva raccomandata con ricevuta di ritorno inviatagli dal datore di lavoro presso l’indirizzo di casa, ed aveva così impugnato il licenziamento oltre il termine di 60 giorni calcolati dal momento del tentativo di consegna della lettera di licenziamento sul luogo di lavoro.

Nella prima fase del giudizio l’eccezione di decadenza era stata respinta perché il teste non era stato in grado di ricordare se il lavoratore avesse effettivamente rifiutato di prendere in consegna la lettera di licenziamento; nella seconda fase del giudizio lo stesso giudice (persona fisica) con ammirevole onestà intellettuale, ha invece accolto l’eccezione di decadenza perché, una volta provato il tentativo di consegna della busta contenente la lettera di licenziamento, l’unica alternativa al rifiuto della consegna è la consegna.

La sentenza ha dunque fatto applicazione dei principi in materia di presunzione di conoscenza di cui all’art. 1335 c.c. ritenendo giunta all’indirizzo del destinatario (il luogo di lavoro presso il quale durante l’orario di lavoro il lavoratore è obbligato a ricevere le comunicazioni aziendali) la comunicazione scritta di licenziamento: e ciò perché “se si ritiene che la lavoratrice non abbia rifiutato la consegna della busta e, quindi, abbia ricevuto il plico contenente la lettera di licenziamento, ne consegue che il recesso è stato comunicato per iscritto il 22.11.2013 e che da tale data debba essere computato il termine di sessanta giorni previsto, a pena di decadenza dall’impugnazione stragiudiziale, dall’art. 6, comma 1 della L. n. 604/1966.

Viceversa, se si muove dal presupposto che il datore di lavoro abbia tentato di consegnare la busta ma che detta consegna non sia andata a buon fine, poiché il rifiuto opposto della dipendente va considerato illegittimo, ne consegue che la comunicazione di licenziamento deve ritenersi, comunque, regolarmente avvenuta.

In entrambi i casi, il dies a quo del termine di decadenza va individuato nella data del 22.11.2013”.

Il Tribunale s’è fatto carico di confutare anche l’obiezione del lavoratore sulla mancata prova del contenuto della busta (se essa contenesse effettivamente la lettera di licenziamento), facendo ancora una volta “applicazione dei principi affermati in tema di presunzione di conoscenza ex art. 1335 c.c. del contenuto del plico postale, secondo cui spetta al destinatario dell’atto, comprendente la busta ed il suo contenuto l’onere di dimostrare che il plico che conteneva alcuna lettera al suo interno, e dunque la mancata conoscenza dell’atto (cfr. Cass. Sez. 3 n. 23920 del 22.10.2013)”.

Onere della prova cui, nel caso di specie, la lavoratrice non aveva assolto, mentre, al contrario, “la documentazione prodotta e la prova orale espletata nella fase sommaria consentono di affermare che la busta chiusa, menzionata dalla teste, contenesse la lettera di licenziamento”.

*Dott. Paolo Iervolino

**Di prossima pubblicazione su “Lavoro e Previdenza Oggi” (www.lpo.it)

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