DANNO DA DEMANSIONAMENTO PER PROLUNGATA INATTIVITA’: PROVA PRESUNTIVA E QUANTIFICAZIONE IN VIA EQUITATIVA – Corte di Cassazione, Sez. Lavoro, Ordinanza del 13 dicembre 2019 n. 32982

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La Suprema Corte, sulla premessa – da un lato – che il mancato adempimento degli obblighi di tutela della professionalità, della salute e della personalità morale del lavoratore ai sensi degli articoli 2087 e 2103 c.c. configura un’ipotesi di inadempimento contrattuale, e – dall’altro – che vanno tenuti distinti l’inadempimento e il danno risarcibile (sulla base dei principi civilistici di cui agli articoli 1218 e 1223 c.c.), afferma che è possibile provare il danno da demansionamento e dequalificazione anche in via presuntiva ex art. 2729 c.c., ossia mediante allegazione di elementi gravi, precisi e concordanti.

In particolare, qualora, in assoluto contrasto con l’art. 2103 c.c., il lavoratore sia stato lasciato in condizione di protratta inattività, l’onere probatorio deve essere alleggerito. Altresì, e correlativamente, desumere la sussistenza di danno non patrimoniale dalla totale inattività del dipendente è in linea con i canoni di legittimità della prova presuntiva.

Tale mancata valorizzazione del patrimonio professionale del lavoratore da parte del datore di lavoro, al contempo, va a ledere il diritto al lavoro quale strumento di estrinsecazione della personalità e, in definitiva, intacca la sua stessa dignità professionale. Danno che è quantificabile anche in via equitativa, tenendo conto della situazione contingente, in termini sia di condizioni soggettive, sia di peculiarità del caso concreto.

 

*Alessio Giuliani

Dottorando di Ricerca Università di Roma La Sapienza

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