APPLICABILE LA PROROGA DELL’ART. 32 COMMA 1 BIS L. 183/2010 AL TERMINE DI CUI AL COMMA 2 DELL’ART. 6 L. 604/1966 – Cass. 7.7.2014, n. 15434, pres. Lamorgese, rel. Tria

Cass.-300x225

L’art. 32, comma 1 bis, l. 183 del 2010, nel prevedere “in sede di prima applicazione” il differimento al 31 dicembre 2011 dell’entrata in vigore delle disposizioni relative al termine di sessanta giorni per l’impugnazione del licenziamento, riguarda tutti gli ambiti di novità di cui alla L. 15 luglio 1966, n. 604, novellato art. 6, e dunque non solo l’estensione dell’onere di impugnativa stragiudiziale ad ipotesi in precedenza non contemplate, ma anche l’inefficacia di tale impugnativa, prevista dal medesimo art. 6, comma 2, anche per le ipotesi già in precedenza soggette al relativo onere, per l’omesso deposito, nel termine di decadenza stabilito, del ricorso giudiziale o della richiesta del tentativo di conciliazione o arbitrato”.

Con la sentenza n. 15434 del 7 luglio 2014 la Suprema Corte affronta la spinosa questione della decorrenza del termine di decadenza di 270 giorni (poi ridotti a 180 dalla l. 92/2012) introdotto dalla L. n. 183 del 2010, art. 32, comma 1, in sede di modifica della L. n. 604 del 1966, art. 6. Il legislatore con legge n. 10 del 2011, di conversione del D.L. n. 225 del 2010, ha aggiunto un comma 1 bis all’art. 32, che stabilisce che: “In sede di prima applicazione, le disposizioni di cui alla L. 15 luglio 1966, n. 604, art. 6, comma 1, come modificato dal comma 1, del presente articolo, relative al termine di sessanta giorni per l’impugnazione del licenziamento, acquistano efficacia a decorrere dal 31 dicembre 2011”

Secondo la Corte d’Appello di Perugia, giacché la norma non menziona il comma 2 dell’art. 6, l. 604 del 1966, l’interpretazione letterale suggeriva che il solo comma 1 dell’art. 6 risultava applicabile, nel nuovo testo, con decorrenza  31.12.2011. Quindi per i licenziamenti intimati prima di quella data non cambiava nulla.

Con ricorso per Cassazione si denunciava la violazione e falsa applicazione della L. 4 novembre 2010, n. 183, art. 32, comma 1 bis, aggiunto dal D.L. 29 dicembre 2011, n. 225, art. 2, comma 54, convertito con modificazioni dalla L. 26 febbraio 2011, n. 10. Il ricorso, si legge nel provvedimento, ha fatto leva tanto sulla interpretazione sistematica della norma, quanto sulla ratio legis desumibile anche dai lavori parlamentari, quanto sul legittimo affidamento sulla applicazione del rinvio temporale a tutti i termini di decadenza, quanto ancora su una interpretazione della norma più attinente al dato letterale (facendo leva sulle locuzioni “come modificato dall’art. 32” e “in sede di prima applicazione”).

La Suprema Corte, in continuità con l’indirizzo già professato da Cass. 23.4.2014, n. 9203, ritiene fondate le censure del ricorrente. In particolare rileva che, se è vero che limitando gli effetti del comma 1 bis dell’art. 32 al comma 1 dell’art. 6, L. 604, non sembrerebbero essere state introdotte innovazioni sostanziali, invero «gli indicati margini di novità vanno necessariamente ricercati, perché la norma all’esame abbia un senso, nel contesto normativo in cui si inserisce la disposizione di cui è stata differita l’efficacia».

Il Giudice d’appello aveva individuato tale elemento di novità nel fatto che il termine di decadenza stragiudiziale è stato esteso anche ad ipotesi in precedenza non contemplate dalla L. n. 604 del 1966, art. 6, e «da ciò […] ha tratto la conclusione che solo per queste ulteriori ipotesi dovrebbe ritenersi che le disposizioni di cui alla L. n. 604 del 1966, novellato art. 6, comma 1, sarebbero state di “prima applicazione” e che solo in relazione a tali ipotesi andrebbe quindi riferito il differimento dell’efficacia delle disposizioni medesime sancito dalla L. n. 183 del 2010, ridetto art. 32, comma 1 bis».

Osserva in senso contrario la Suprema Corte che «se l’estensione dell’onere di impugnativa stragiudiziale a casi in precedenza non previsti configura indubbiamente un elemento di novità (esterno però alla disposizione di cui è stata differita l’entrata in vigore), ancora più incisivo, e generalizzato, è l’ulteriore elemento di novità costituito dal fatto che la stessa impugnazione stragiudiziale diviene inefficace se non seguita dal deposito del ricorso giudiziale (o dalla richiesta del tentativo di conciliazione o arbitrato) nel termine disposto dalla L. n. 604 del 1966, novellato art. 6, comma 2». E allora, il differimento non può che riguardare anche il comma 2 dell’art. 6, atteso che i due commi di quest’ultima disposizione vengono a costituire, integrandosi fra loro, una disciplina unitaria, articolata – e qui sta appunto l’elemento generalizzato di novità – nella previsione di due successivi e tra loro connessi termini di decadenza. Con la proroga il legislatore avrebbe quindi inteso differire il termine da cui decorre la decadenza del comma 2, inapplicabile prima del 31 dicembre 2011.

La Corte trova conferma delle proprie argomentazioni rilevando l’illogicità insita nel fatto che «giungere alla diversa conclusione che l’art. 6, comma 1, novellato rimarrebbe applicabile, anche prima del 31 dicembre 2011, nelle ipotesi che già ricadevano sotto la disciplina del testo originario, mentre il medesimo art. 6, comma 1, novellato a non sarebbe in vigore (sempre fino al 31 dicembre 2011) nelle ulteriori ipotesi originariamente non previste […] equivarrebbe a dire che una norma di cui è stata differita, senza ulteriore specificazione, l’entrata in vigore, resterebbe non di meno in vigore in alcuni casi».

Dott. Fabrizio Ferraro

 

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