APPALTO DI OPERE E/O SERVIZI: LITISCONSORZIO NECESSARIO E RESPONSABILITÀ SOLIDALE IN CASO DI RAGGRUPPAMENTO TEMPORANEO DI IMPRESE (ATI) – Tribunale di Roma, 21 giugno 2016, n. 6251, est. Selmi

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In materia di appalto di opere e servizi, come disciplinato ai sensi dell’art. 29, comma 2, d. lgs. n. 276/2003 e dell’art. 1676 c.c., la regola generale della responsabilità solidale del committente e dell’appaltatore, ovvero degli eventuali subappaltatori, se vale senz’altro, sotto il profilo processuale, a radicare un’ipotesi di litisconsorzio necessario tra i suddetti soggetti, non implica per ciò solo che la pronuncia nel merito debba essere emessa in confronto di tutti i litisconsorti. Pertanto, ove il contratto di appalto ed i crediti vantati dai lavoratori risultino provati, la pronuncia di improcedibilità della domanda nei confronti dell’appaltatore, in quanto soggetto dichiarato fallito, non esclude l’accoglimento nel merito della domanda nei confronti del committente, quale obbligato in solido ai sensi dell’art. 29, comma 2, d. lgs. n. 276/2003 e dell’art. 1676 c.c.
Va esclusa, invece, al medesimo titolo la responsabilità solidale della mandataria dell’ATI, di cui sia parte l’appaltatore fallito in qualità di mandante, e ciò in ragione del chiaro disposto in tal senso dell’art. 37, comma 16, d. lgs. n. 163/2006, che limita il potere di rappresentanza della mandataria al piano esclusivamente processuale.
Appalto di opere e/o servizi; responsabilità solidale ex art. 29, comma 2 d. lgs. n. 276/2003 e ex art. 1676 c.c.; litisconsorzio necessario; disciplina applicabile; responsabilità dell’ATI ex art. 37, comma 16, d. lgs. n. 163/2006
Art. 29, comma 2, d. lgs. n. 276/2003- art. 1676 c.c.- art. 37, commi 5 e 16, d.lgs. n. 163/2006
La sentenza in commento costituisce una pregevole ricognizione dei fondamentali e consolidati principi elaborati, ancor prima che in materia di appalto di opere e servizi, in tema di obbligazioni solidali e di responsabilità delle ATI, ovvero dei raggruppamenti temporanei di imprese che possono essere costituiti in occasione dell’indizione di procedure di aggiudicazione di commesse pubbliche.
Nel caso di specie, oggetto della vicenda è l’appalto avente ad oggetto il servizio di pulizia degli uffici della Provincia di Treviso, affidato dalla committente Poste Italiane alla convenuta CPA Services, medio tempore dichiarata fallita.
I ricorrenti adivano il Tribunale per ottenere, ai sensi dell’art. 29, comma 2, d. lgs. n. 276/2003 e dell’art. 1676 c.c., sentenza di condanna, in solido tra loro, nei confronti delle società CPA Services Srl, Poste Italiane e Iprams spa (quest’ultima in proprio e quale mandataria dell’ATI Iprams- Prisma) per il pagamento dei crediti retributivi e delle competenze di fine rapporto, così come specificatamente determinati, a loro dire non corrisposti. La società CPA rimaneva contumace, mentre si costituivano le altre due eccependo, in primis, l’improcedibilità e l’inammissibilità della domanda attorea per l’intervenuto fallimento della CPA.
Ma facciamo un passo indietro.
Il ricorso era già stato dichiarato improcedibile, a causa dell’intervenuto fallimento dell’appaltatrice CPA Services, dal Tribunale di Genova, la cui sentenza è stata successivamente totalmente riformata dalla Corte d’Appello di Genova. La causa è stata quindi riassunta davanti al Tribunale di Roma, individuato come competente per territorio dalla Corte d’Appello di Genova.
L’appalto in questione rientra nell’ambito di un più ampio contratto di appalto, avente ad oggetto i servizi di pulizia ed igiene degli uffici di Poste Italiane nelle Province di Belluno e Treviso, stipulato da quest’ultima con un’associazione temporanea di imprese (ATI) costituita dalla convenuta Iprams s.p.a. quale mandataria e dalla società consortile Prisma a.r.l. quale mandante.
Il Tribunale, opponendosi alla prospettazione delle convenute, rigetta l’eccezione di improcedibilità, rilevando che la responsabilità solidale discendente a carico delle medesime in forza dei principi di cui agli artt. 29, comma 2, d. lgs. n. 276/2003 e 1676 c.c., in relazione all’appalto oggetto di causa, determina una ipotesi di litisconsorzio necessario che esplica la propria incidenza esclusivamente sul piano processuale, in quanto strumentale a garantire l’integrità del contraddittorio. Ciò non implica, peraltro, che la pronuncia nel merito debba riguardare necessariamente tutti i litisconsorti, quando risulti che in confronto di taluno di essi sussista, come è nel caso di specie, una causa di improcedibilità, quale è senz’altro l’intervenuto fallimento.
Il giudicante richiama, a tal fine, i principi elaborati dal consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità in materia di obbligazioni solidali, alla stregua dei quali tale tipo di obbligazione determina non già un unico rapporto, ma tanti rapporti obbligatori, quanti sono i condebitori o i concreditori in solido, cui corrispondono, pertanto, più cause tra loro scindibili.
Conclude, quindi, per l’improcedibilità della domanda esclusivamente nei confronti della fallita CPA Services spa, ogni pretesa nei confronti della quale può e deve essere fatta valere necessariamente dinanzi al competente giudice fallimentare e mediante insinuazione al passivo.
Nel merito, il Tribunale rileva la responsabilità della committente Poste Italiane, in quanto obbligata in solido con CPA (appaltatrice) ai sensi degli artt. 29, comma 2, d. lgs. n. 276/2003 e 1676 c.c., mentre esclude analoga conclusione nei confronti della convenuta Ipram già s.p.a.
Quest’ultima, quale mandataria dell’ATI che aveva stipulato l’originario contratto di appalto, non può essere ritenuta responsabile nei confronti dei ricorrenti, né in via diretta, né in tale sua specifica qualità.
Ed infatti, stante il chiaro disposto dell’art. 37, comma 16, del d. lgs. 163/2006 (Codice dei Contratti Pubblici all’epoca vigente), deve escludersi la responsabilità in proprio della Iprams, in quanto soggetto totalmente estraneo al rapporto di lavoro intercorso con la CPA; parimenti, essa non può essere chiamata a rispondere quale mandataria dell’ATI, in quanto il potere di rappresentanza da tale qualifica discendente è circoscritto ed opera esclusivamente nei rapporti con la stazione appaltante (Poste), non estendendosi agli altri eventuali rapporti con i terzi (i lavoratori ricorrenti, in quanto dipendenti della CPA, società consorziata e quindi mandante).
La norma citata è infatti chiara nel delimitare il potere di rappresentanza della mandataria nei confronti della stazione appaltante (nel caso di specie Poste) al piano esclusivamente processuale, evidenziando expressis verbis che “la stazione appaltante, tuttavia, può far valere direttamente le responsabilità facenti capo ai mandanti”.
Anche in tal caso, quindi, il Tribunale applica rigorosamente e correttamente il dettato normativo, secondo il noto brocardo “in claris non fit interpretatio”.
Allo stesso modo deve escludersi, a parere del giudicante, ogni responsabilità nei confronti direttamente dell’ATI, trattandosi di entità priva di autonoma e distinta soggettività giuridica, nonché nei confronti della società consortile Prisma per i crediti maturati nei confronti della fallita CPA, sebbene quest’ultima sia consorziata della prima. Ciò in ragione del fatto che l’affidamento dei lavori alle società consorziate nell’ambito di un’ATI non integra per ciò solo e, quindi, in assenza di elementi che depongano in senso contrario, una ipotesi di subappalto, che legittimerebbe la pretesa nei confronti del subcommittente (nella specie, appunto, la società Prisma).
Il Tribunale si pronuncia, infine, sul beneficio di preventiva escussione eccepito da Poste nei confronti dell’appaltatrice CPA e sulla domanda di manleva dalla medesima formulata nei confronti della convenuta Iprams.
Quanto al primo, il giudicante rileva la propria adesione al consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, alla stregua del quale tale beneficio ha efficacia limitata alla fase esecutiva e non a quella di cognizione (quale, appunto, quella pendente dinanzi a sé), potendo operare esclusivamente all’esito della infruttuosa azione promossa nei confronti del debitore principale.
Il Tribunale, invece, accoglie la domanda di manleva avanzata dalla committente Poste nei confronti della convenuta Prisma, la quale, in qualità di mandataria dell’ATI è senz’altro responsabile, ex art. 37, comma 16, d. lgs. n. 163/2006 cit., nei confronti della stazione appaltante (Poste) per il pagamento dei crediti retributivi oggetto di condanna.
Tale responsabilità, oltre a discendere dalla norma citata, costituisce il precipitato del combinato disposto degli artt. 1228 c.c. e 37, comma 5, d. lgs. n. 163/2006, che, con particolare riferimento agli appalti di lavoro cosiddetti “scorporabili” (nell’ambito dei quali si ritiene rientri quello oggetto di causa), prevede espressamente la responsabilità solidale della mandataria (la convenuta Prisma) nei confronti della stazione appaltante (Poste Italiane).
Il Tribunale, quindi, dichiara improcedibile la domanda nei confronti dell’appaltatrice fallita CPA e condanna la committente Poste Italiane al pagamento dei crediti retributivi vantati dai ricorrenti e ritenuti compiutamente provati nel loro esatto ammontare, quale responsabile in solido ex art. 29, comma 2, d. lgs. n. 276/2003e ex art. 1676 c.c. Dispone, infine, che la società Iprams srl tenga indenne, ovvero manlevi la società Poste delle somme pagate in ottemperanza alla sentenza stessa.
Una vicenda complessa che il Magistrato capitolino ha dipanato attraverso lo strumento eletto della fedele interpretazione del dettato normativo, riuscendo a realizzare il giusto compromesso tra la rigorosa applicazione degli istituti giuridici e la garanzia di una piena ed effettiva tutela del lavoratore.

Rosalina Panetta

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