ACCORDO SINDACALE, IMPEGNO DELL’AZIENDA A RICOLLOCARE I DIPENDENTI PRESSO ALTRI DATORI DI LAVORO E PROMESSA DEL FATTO DEL TERZO – Tribunale di Roma, 14 settembre 2016, n. 7418, est. Consiglio

csdn_11

I ricorrenti hanno convenuto in giudizio la società A.D.R. esponendo, tra l’altro: -a) di essere ex dipendenti di quest’ultima; -b) di essere passati, in virtù di cessione di ramo d’azienda di dicembre 1997, alle dipendenze della società L.A.C. che li aveva successivamente licenziati per cessazione dell’attività; -c) che con accordo sindacale di agosto 2002 (denominato “Lodo” e sottoscritto dalle OO.SS. e da alcuni enti pubblici) la società A.D.R. si era impegnata a riassumerli direttamente o comunque ricollocarli presso aziende del c.d. “indotto aeroportuale” (ossia eroganti servizi strumentali all’attività aeroportuale: raccolta dei carrellini, spedizioni doganali, gestione dei negozi, ecc.) in posti di lavoro a tempo indeterminato e con retribuzioni analoghe a quelle percepite dalla società L.A.C.
Essendo la società A.D.R., a loro dire, rimasta colposamente inerte e venuta meno a tale impegno hanno chiesto al Tribunale, tra l’altro, di accertarne la conseguente responsabilità e, per l’effetto, condannare la medesima società a formulare essa stessa e/o a fare pervenire dalle aziende dell’indotto aeroportuale proposte di lavoro conformi ai criteri indicati nel suddetto accordo ed al risarcimento del danno, commisurato alle retribuzioni perse sino a quel momento ed al pregiudizio non patrimoniale derivante dalla ritardata occupazione.
La società A.D.R., costituendosi in giudizio, ha chiesto il rigetto del ricorso eccependo, tra l’altro, l’infondatezza delle domande (avendo, a suo dire, adempiuto tutti gli obblighi assunti nel Lodo di agosto 2002) e, salvo per la posizione del sig. C., la formazione del giudicato.
Infatti, tranne quest’ultimo, tutti i ricorrenti avevano, in un precedente giudizio (definito con sentenza Cass. 9.10.2012, n. 17168), chiesto l’esecuzione del medesimo accordo sindacale e conseguentemente rivendicato il diritto all’assunzione e/o alla ricollocazione in posti di lavoro a tempo indeterminato nei confronti degli stessi soggetti firmatari dell’accordo e la Corte d’Appello di Roma, con sentenza di luglio 2009 confermata dalla S.C. di Cassazione, aveva qualificato il Lodo come promessa del fatto del terzo e condannato la società A.D.R. al pagamento di un indennizzo – liquidato in via equitativa – in favore di ciascun lavoratore.
Infatti, secondo la Corte d’Appello, quest’ultima società aveva assunto nell’accordo sindacale l’obbligo non di ingaggiare direttamente il personale licenziato dalla società L.A.C., bensì di garantirne l’assunzione da parte delle imprese dell’indotto aeroportuale, assunzione che non si era tuttavia verificata, con conseguente applicabilità dell’art. 1381 c.c. secondo cui il promittente (nella specie la società A.D.R.), qualora il terzo (nella specie le aziende dell’indotto aeroportuale) si sia rifiutato di obbligarsi o non abbia compiuto il fatto promesso, è comunque tenuto ad indennizzare il promissario (nella specie i lavoratori).
Ebbene il Tribunale, indipendentemente dalla fondatezza o meno dell’eccezione di giudicato sollevata dalla società A.D.R., ha respinto il nuovo ricorso nel merito.
In particolare il Giudice, condividendo l’interpretazione fornita dalla Corte d’Appello nel precedente giudizio, ha ritenuto riconducibile il Lodo di agosto 2002 alla fattispecie dell’art. 1381 c.c.
Pertanto, secondo il Giudice, è applicabile l’orientamento di legittimità consolidato secondo cui “Con la promessa del fatto del terzo il promittente assume una prima obbligazione di facere, consistente nell’adoperarsi affinché il terzo tenga il comportamento promesso, onde soddisfare l’interesse del promissario, ed una seconda obbligazione di dare, cioè di corrispondere l’indennizzo nel caso in cui, nonostante si sia adoperato, il terzo si rifiuti di impegnarsi. Ne consegue che, qualora l’obbligazione di facere non venga adempiuta e l’inesecuzione sia imputabile al promittente, ovvero venga eseguita in violazione dei doveri di correttezza e buona fede, il promissario avrà a disposizione gli ordinari rimedi contro l’inadempimento, quali la risoluzione del contratto, l’eccezione di inadempimento, l’azione di adempimento e, qualora sussista il nesso di causalità tra inadempimento ed evento dannoso, il risarcimento del danno; qualora, invece, il promittente abbia adempiuto a tale obbligazione di facere e, ciononostante, il promissario non ottenga il risultato sperato a causa del rifiuto del terzo, diverrà attuale l’altra obbligazione di dare, in virtù della quale il promittente sarà tenuto a corrispondere l’indennizzo” (Cass. 27.4.2016, n. 8417; nello stesso senso, tra molte, Cass. 21.11.2014, n. 24855; Cass. 15.7.2004, n. 13105; con riferimento a fattispecie in cui il datore di lavoro si era impegnato a fare assumere propri dipendenti da altre aziende, Cass. 9.10.2012, n. 17168; Cass. 19.12.2003, n. 19472; Cass. 21.6.1991, n. 6984; A. Ancona 11 febbraio 2011, in Giur. it., 2012, 866; T. Milano 2 novembre 2000, in Orient. giur. lav., 2000, I, 995).
Indennizzo che, d’altra parte, secondo il costante insegnamento della S.C. di Cassazione è nettamente distinto dal risarcimento del danno, essendo il primo volto di norma solo a compensare la lesione dell’interesse connesso all’esercizio di un diritto, mentre il secondo diretto a ricostruire esattamente la situazione patrimoniale del danneggiato lesa dalla condotta illegittima del danneggiante (così, tra molte, Cass. 19.12.2003, n. 19472; Cass. 5.9.1997, n. 8614; Cass. 27.9.1996, n. 8522; Cass. 21.6.1991, n. 6984).
Ciò premesso, secondo il Tribunale alcun risarcimento del danno può essere riconosciuto ai ricorrenti non essendo, infatti, emersi in giudizio (e neppure stati specificamente allegati) la condotta colposa della società A.D.R. rispetto agli impegni assunti nell’accordo sindacale né il nesso causale tra tale asserita condotta e la mancata ricollocazione dei lavoratori.
Secondo il Giudice dalla documentazione in atti risultava, addirittura, che tale società si era da subito attivata (mediante lettere e segnalazioni) presso le imprese operanti nell’indotto aeroportuale, al punto che i ricorrenti avevano comunque ricevuto offerte di lavoro sia pure non corrispondenti ai posti di lavoro precedentemente ricoperti nella società L.A.C. e che alcuni colleghi, grazie all’interessamento della società A.D.R., avevano effettivamente trovato nuove, adeguate occupazioni nell’ambito del suddetto indotto.
Al contempo il Giudice ha omesso di riconoscere al sig. C. anche l’indennizzo già chiesto ed ottenuto dagli altri lavoratori all’esito del precedente giudizio.
Ciò in quanto la relativa domanda, da un lato, non era stata proposta nel ricorso (neppure in via subordinata), dall’altro lato, non poteva ritenersi compresa in quella di risarcimento del danno poiché fondata su presupposti di fatto e di diritto diversi e tra loro incompatibili (nello stesso senso, tra molte, Cass. 27.9.1996, n. 8522, Cass. 21.6.1991, n. 6984 e Cass. 25.5.1984, n. 3228 secondo cui è quindi inammissibile, per diversità di causa petendi e stante il divieto di domande nuove ex art. 345 c.p.c., la richiesta di indennizzo ex art. 1381 c.c. avanzata per la prima volta in grado di appello qualora sia stato richiesto in primo grado solo il risarcimento del danno).

Matteo Russo

*Di prossima pubblicazione su “Lavoro e previdenza oggi” (www.lpo.it)

Related News

Leave a reply