ACCESSO AL FONDO DI GARANZIA TRA PRESCRIZIONE E DECADENZA – Tribunale di Frosinone, 23 marzo 2016, n. 371, est. Rescigno

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Nel caso di fallimento dell’ex datore di lavoro il diritto di accesso al Fondo di garanzia si prescrive nel termine di un anno dalla chiusura del fallimento – massima a cura dell’avv. Raffaele Del Gaudio

Fallimento del datore di lavoro – Domanda di accesso al Fondo di garanzia dell’INPS –Prescrizione

Art. 2948, co. 1, n. 5, c.c. – Art. 2, D. Lgs. n. 80/1992 – Circolare INPS, n. 74 del 15.7.2008

Tribunale di Spoleto, sent., 15 giugno 2016, est. Marzullo
In tema di decadenza dall’azione giudiziaria per il conseguimento di prestazioni a carico del Fondo di garanzia, la decorrenza del termine annuale presuppone la proposizione della domanda amministrativa ed ha diversa decorrenza a seconda che nel seguente procedimento sia stato o non sia stato proposto un ricorso avverso il diniego dell’Ente: nella prima ipotesi, il dies a quo coincide con quello della comunicazione della decisione sul ricorso o della scadenza del termine stabilito per la decisione stessa (120 giorni dalla proposizione del ricorso di prima istanza e 90 giorni dalla proposizione di quello di seconda istanza), ovvero, in caso di ricorso tardivo, con quello della scadenza del termine complessivamente previsto per il procedimento amministrativo (300 giorni dalla proposizione del ricorso di prima istanza, dato dal cumulo dei termini per il verificarsi del silenzio rifiuto avverso il ricorso di prima istanza, pari a 120 giorni, oltre 90 giorni per la proposizione del ricorso di seconda istanza e ulteriori 90 giorni per il concretizzarsi del silenzio rifiuto anche avverso quest’ultimo) – massima a cura dell’avv. Raffaele Del Gaudio

Fallimento del datore di lavoro – Domanda di accesso al Fondo di garanzia dell’INPS – Diniego – Procedimento amministrativo – Silenzio rifiuto – Termini di decadenza dall’azione giudiziale

Art. 24, L. n. 88/1989 – Art. 47, D.P.R. n. 639/1970 – Art. 7, L. n. 533/1973 – Art. 46, co. 5 e 6, D.P.R. n. 639/1970

Le pronunzie in commento consentono di ricostruire gli istituti della prescrizione e della decadenza in materia di accesso al Fondo di garanzia dell’INPS: si tratta di istituti che, pur fondati sul valore della certezza del diritto, nell’esperienza pratica danno luogo continuamente a problemi applicativi, complicati dall’esistenza di una procedura concorsuale.
La prima sentenza si inserisce nel dibattito riguardante l’individuazione del dies a quo dal quale calcolare il termine di prescrizione del diritto del lavoratore all’accesso al Fondo di garanzia dell’INPS per recuperare il T.F.R. e i cc.dd. crediti diversi (ovvero le ultime tre retribuzioni maturate nei periodi indicati dall’art. 2, D. Lgs. n. 80/1992).
Infatti, l’istanza proposta a tal fine dal lavoratore era stata rigettata dall’Ente proprio perché, secondo quest’ultimo, si era prescritto il relativo diritto.
Il giudice, tuttavia, istruita documentalmente la causa, decideva per l’accoglimento del ricorso poiché, “rilevato che la domanda al fondo di garanzia si prescrive in un anno dalla chiusura del fallimento, nella specie … il provvedimento di ammissione al passivo fallimentare risale al 24.5.2013 e la domanda all’INPS è stata inoltrata in data 5.10.2013”.
Tale motivazione, però, non chiarisce tutti i dubbi interpretativi sorti intorno all’individuazione del dies a quo dal quale calcolare il suddetto termine annuale (ex art. 2, co. 5, D. Lgs. n. 80/1992), poiché il riferimento effettuato dal giudice alla “chiusura del fallimento” sembra essere contraddetto dal successivo richiamo alla data del “provvedimento di ammissione al passivo fallimentare”, che, invece, non dovrebbe avere alcuna rilevanza.
Ciò anche alla luce della Circolare n. 74/2008 dell’INPS, la quale, infatti, al paragrafo n. 3.4 individua, quale dies a quo, quello della chiusura del fallimento e non quello del deposito in cancelleria del decreto di esecutività dello stato passivo (ovvero il provvedimento al quale si fa riferimento nella sentenza).
• Peraltro, si segnala la necessità di tener presente la particolarità del diritto al T.F.R. rispetto agli altri crediti, nonostante l’identità della soluzione qui proposta, in adesione all’orientamento della Cassazione (Cass., sez. un., 4.7.2002, nn. 13988 13989, 13990 e 13991).
La seconda sentenza, invece, illustra chiaramente i termini di decadenza dall’azione giudiziale avverso il diniego opposto dall’INPS all’accesso al Fondo da parte del lavoratore.
La fattispecie riguarda il caso di un lavoratore che aveva richiesto l’annullamento del provvedimento dell’Ente sulla scorta di vari motivi, i quali, tuttavia, non sono stati affrontati nel merito dal giudice perché quest’ultimo ha accolto l’eccezione di inammissibilità della domanda giudiziale formulata dalla difesa dell’Istituto, la quale aveva correttamente eccepito il mancato rispetto dei termini di cui agli artt. 46 e 47 D.P.R. n. 639/1970, 46, L. n. 88/1989 e 7, L. n. 533/1973.
In particolare, secondo l’INPS, il termine di un anno e 300 giorni doveva ritenersi decorrente dalla presentazione del ricorso amministrativo di prima istanza, mentre, secondo il lavoratore, dal provvedimento con il quale si era chiuso il ricorso di seconda istanza.
Il giudice, dopo una completa ricostruzione della normativa regolatrice della fattispecie, ha chiarito che, come insegnato dalla Suprema Corte (Cass. n. 26875/2014, alla quale si è riportato nella motivazione, anche perché conforme alla pronunzia con cui le sezioni unite, con la sentenza n. 12718/2009, hanno risolto il contrasto di giurisprudenza venutosi a creare sul punto), il dies a quo del termine annuale, in caso di tardiva presentazione del ricorso di seconda istanza, deve essere individuato in “quello della scadenza del termine complessivamente previsto per il procedimento amministrativo”, che è dato dalla somma di 120 giorni per la formazione del silenzio rifiuto avverso il primo ricorso amministrativo (art. 7, L. n. 533/1973), di 90 giorni per la proposizione del ricorso di seconda istanza (art. 46, co. 5, D.P.R. n. 639/1970) e di ulteriori 90 giorni per la formazione del silenzio rifiuto avverso il secondo ricorso (combinato disposto di cui all’art. 46, co. 6, L. n. 88/1989 e 47, D.P.R. n. 639/1970).
Nella fattispecie, invece, il lavoratore, nonostante si fosse realizzato il silenzio rifiuto avverso il primo ricorso amministrativo (con il decorso del termine di 120 giorni dalla sua presentazione), ottenuto il provvedimento dall’Ente, nei 90 giorni successivi aveva presentato il ricorso di seconda istanza per poi calcolare il termine annuale per l’iscrizione a ruolo della causa dalla formazione del silenzio rifiuto avverso la seconda istanza (ovvero dal novantesimo giorno successivo alla presentazione dell’ultimo ricorso).

Raffaele Del Gaudio

*Di prossima pubblicazione su “Lavoro e previdenza oggi” (www.lpo.it)

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